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“La direzione intrapresa dal governo sul lavoro è sbagliata per una ragione molto semplice: il lavoro cambia in peggio. Nel senso che vengono ridotte le tutele e i diritti, mentre quella vasta parte del mondo del lavoro, o di persone che cercano lavoro, che aveva bisogno di nuove tutele e di nuovi diritti, non ha ottenuto nulla. L'equazione 'Io riduco a chi ha per dare a chi non ha' già era sbagliata come principio, ma all'atto pratico la delega ha dimostrato che non si è verificata. Per questo noi proseguiremo nella nostra battaglia”. A dirlo, ai microfoni di Italia Parla su RadioArticolo1, è Franco Martini, segretario confederale Cgil.
E quella per il lavoro sarà, secondo Martini, una battaglia lunga e continua, che non si conclude con lo sciopero generale del 12 dicembre. “E' chiaro - ha continuato - che non possiamo considerare i voti di fiducia come l'ultimo atto di una battaglia che ci coinvolgerà anche nelle prossime stagioni, a partire da quella contrattuale. Intanto nel breve termine, tutto questo patrimonio che abbiamo costruito come mobilitazione, consenso e alleanze, dovremo capitalizzarlo nella fase successiva al voto del parlamento. Quindi, per quanto riguarda la riforma del mercato del lavoro, nella fase di definizione dei decreti delegati. Lì insisteremo per provare a introdurre le modifiche che abbiamo sempre richiesto. Dopo di che, è ovvio che anche nel caso in cui i decreti delegati fossero approvati con dei contenuti da noi non condivisi, l'iniziativa sindacale continuerà per impedire che venga abbassata la soglia della civiltà del lavoro”.
“Quando il governo si chiede 'dove troviamo tutte le risorse per fare gli investimenti che voi ci chiedete' - ha continuato il segretario confederale della Cgil -, senza scomodare l'evasione fiscale, che già sarebbe il pozzo di san Patrizio, vorrei ricordargli che l'economia illegale ammonta a circa 70 miliardi. Quindi sarebbe sufficiente un'iniziativa più efficace in questa direzione per racimolare un po' di quelle risorse che servono per l'economia e per la buona occupazione. Il fatto è che concentrandoci tutti, come è stato in questi mesi, sull'articolo 18 si è messo in secondo piano il fatto che esistono altri provvedimenti in discussione, come a esempio il decreto sulla semplificazione. In materia di appalti, quel decreto prevede delle cose un po' pericolose, come appunto l'ulteriore annacquamento della responsabilità solidale, la norma attraverso la quale un lavoratore può rivalersi non solo della ditta subappaltante, che spesso sparisce nel nulla, ma anche nei confronti dell'appaltatore. Noi abbiamo rilanciato questo tema con la proposta di iniziativa popolare elaborata dalla Cgil perché già Fornero aveva indebolito questa norma. Noi la vogliamo ripristinare perché il mercato degli appalti interessa il 15% del Pil.
“Questa storia - ha concluso Martini - non finisce né con lo sciopero del 12 dicembre né con l'approvazione attraverso il voto di fiducia della riforma del mercato del lavoro e poi della legge delega. Ci saranno i decreti delegati e una lunga stagione sindacale dove i temi dell'occupazione, dello sviluppo e della contrattazione rimarranno all'ordine del giorno. Dato che ci sono con Cisl e Uil delle posizioni condivise, come la piattaforma sulle pensioni e sul fisco, ripartiremo da quelle per ricostruire sui temi della crisi, dello sviluppo e della contrattazione. Con gli altri sindacati il rapporto è indispensabile. Non si può pensare di portare avanti questa battaglia con il mondo del lavoro diviso, soprattutto quando non ci sono molte ragioni di divisione”.