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“Ma chi siamo noi precari? Siamo funamboli costretti a camminare su un filo nel vuoto, in continua tensione e alla ricerca sempre di nuovi equilibri, alleniamo muscoli che non tutti sanno utilizzare. Siamo nel vuoto, è vero, ma non cadiamo, perché saper camminare su un filo non è da tutti”. Un modo per raccontarsi, trovato da Roberta De Martino, giovane psicologa dell’Istituto Italiano di Psicoterapia relazionale che, insieme ad altri colleghi, ha dato vita a Napoli a dei gruppi per capire e condividere l’esperienza della precarietà, non solo sul lavoro. Laboratori per produrre idee e pensiero, ma soprattutto luoghi dove sperimentare insieme agli altri le emozioni che la precarietà detta e dove portare le proprie angosce che, per la salute psichica, “possono essere devastanti”, dice Roberta, anche lei precaria.
L’attivazione di spazi condivisi sul precariato, secondo gli psicoterapeuti napoletani, è una responsabilità sociale dello psicologo e la prima cosa da fare per “curare” la precarietà. Occorre fare chiarezza sulle possibilità che potrebbero indurre il precario a circoscrivere la sua insicurezza. “Quelle risorse che consentono a chi è stata tolta la possibilità di pianificare il futuro di cogliere però il presente, nella sua ricchezza, molto meglio delle generazioni precedenti – spiega De Martino -. Una grande risorsa di cui le nuove generazioni devono prendere coscienza per riuscire a fronteggiare le situazioni. Invece l’immagine che il precario ha di se stesso e tende a dare al mondo è quella di una persona avvilita, che dimentica il suo valore professionale e la sua storia, proprio come succede al paziente che si definisce “depresso” nello studio del clinico”.
E’ nato così su Facebook il “Gruppo temporaneo per la raccolta di riflessioni sulla precarietà”. E la discussione continuerà a Napoli, durante la settimana del benessere psicologico in Campania, dal 19 al 25 novembre. Nei banchetti delle Isole del benessere, allestiti al Vomero in via Scarlatti e a piazza della Carità, chi vorrà potrà infatti, tra l’altro, lasciare impressioni e interviste sul precariato. Promotrice delle varie iniziative Antonietta Bozzaotra, vicepresidente dell’ordine degli psicologi della Campania e coordinatrice dell’Istituto Italiano di Psicoterapia relazionale (Iipr) che, durante un convegno dell’associazione, aveva chiesto ai giovani partecipanti di intervenire per definire il concetto di precariato.
Un concetto da non confondere tuttavia con quello della precarietà propria della condizione umana. “Perché se il vivente è per sua natura precario – spiega la dottoressa - il lavoro precario invece è sfruttamento: i contratti di tre mesi in tre mesi tolgono la possibilità di progettare, di realizzare sogni. Incontrando i giovani mi sono resa conto che esiste una difficoltà a parlare di questo fenomeno intorno al quale c’è un’angoscia immobilizzante – osserva Bozzaotra –. Ma non appena abbiamo messo in cerchio le persone le cose sono diventate più complesse”.
Il malessere della precarietà dunque non può essere superato in solitudine. “In questo senso i continui messaggi che arrivano dai media sono devastanti – spiega ancora Bozzaotra -. L’idea che se nel mercato del lavoro ci sei tu, non ci posso stare anche io, come nel nuovo reality di Briatore. Un reality dove per valutare il migliore imprenditore, i concorrenti sono messi uno contro l’altro”. Riflettere quindi per uscire dalla precarietà che non si supera pensando di restaurare il vecchio mondo. “Per iniziare una rivoluzione ci si deve fermare per pensarla – dice Roberta De Martino, che affida le sue riflessioni nel blog “L’angolo del pensero” -. Indietro non si torna e non è possibile tornare al vecchio mondo. ”Il futuro che avevano immaginato per noi i nostri genitori non c’è più, l’illusione si è infranta. E’ auspicabile che cominci un dialogo tra generazioni per costruire un altro futuro”.