L'Unar, Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, celebra oggi la Giornata mondiale dei diritti umani. A questo scopo ha chiamato gli stessi immigrati a esserne protagonisti e relatori. Nella sede della Provincia di Roma oggi si avvicendano più di venti oratori immigrati, provenienti dai diversi continenti e dalle più diverse professioni: sono badanti, imprenditori, mediatori culturali, musicisti, sindacalisti, formatori.

Nei loro racconti i 'testimoni' mettono in evidenza i passi in avanti fatti e sopratutto le cose che restano da fare sulla via dell'integrazione. Partendo dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani gli immigrati hanno presentato l'elenco dei possibili miglioramenti e le loro indicazioni per una vera integrazione.

“Conoscersi per riconoscersi", questa la ricetta proposta all'Unar a tutti i livelli: a livello scolastico caratterizzato ancora una forte dispersione, a livello sociale dove permangono ancora pregiudizi, stereotipi, luoghi comuni e discriminazioni, a livello di genere essendo le donne più fortemente penalizzate, a livello sindacale in cui, nonostante quasi un milione di iscritti, si incontrano a fatica quadri e dirigenti immigrati, a livello religioso dove si registrano aperture promettenti e chiusure inspiegabili e, infine, a livello politico dove il voto alle elezioni amministrative resta un obiettivo ancora lontano.

"Per gli immigrati - ha affermato Marco De Giorgi, direttore generale dell'Unar - convivenza altro non significa che riconoscersi a vicenda nel reciproco rispetto dei diritti, e quindi anche delle diversità e dei doveri. Per questo, gli immigrati non ritengono accettabile la loro esclusione da alcuni ambiti della vita civile, il permanere della discriminazione nell'accesso ai servizi pubblici, il peso del lavoro sommerso e, specialmente, le remore nel farsi carico, quanto alla cittadinanza, dei diritti dei figli degli immigrati nati in Italia".

Sempre oggi, inoltre, lo European Network on Statelessness (Rete Europea sull’Apolidia), un coordinamento della società civile, formato da oltre 60 membri in 30 paesi, impegnato ad affrontare la tematica dell’apolidia in Europa, pubblica in tutta Europa, un documento per ricordare che milioni di apolidi continuano a vivere in condizioni di silenzio ed esclusione, nell’impossibilità di partecipare alla vita pubblica alla pari degli altri cittadini, di organizzarsi liberamente e privati della libertà di espressione e associazione. 

“Il tema della celebrazione di quest’anno, “l’inclusione e il diritto di partecipare alla vita pubblica” è particolarmente pertinente alla condizione degli apolidi nella nostra società – si legge nel comunicato - Lo European Network on Statelessness ritiene che tutti gli esseri umani abbiano il diritto a una nazionalità, e che coloro i quali non possiedono alcuna nazionalità abbiano diritto ad un’adeguata protezione legale, inclusa la libertà di espressione, di associazione e di partecipazione nei processi democratici. Per l'Italia partecipano al Network Asgi (Associazione studi giuridici per l'immigrazione) e Cir (Centro italiano rifugiati).