"È il tempo delle scelte chiare, perché davanti a noi abbiamo una manovra del governo orientata a senso unico contro i lavoratori, con vantaggi unilaterali e senza contropartite nei confronti delle aziende". Così Franco Martini, segretario confederale Cgil, intervenuto stamattina a 'Italia parla', la rubrica quotidiana di Radioarticolo1.

"Sullo spostamento al 10 del mese del pagamento delle pensioni – ha proseguito il dirigente sindacale –, è sconcertante la leggerezza con cui il governo assuma provvedimenti in parte improvvisati, in parte ispirati a un vero e proprio accanimento nei confronti di chi lavora e di chi è in pensione. Mentre si redistribuisce quello che già c'era, premiando in particolare le imprese. Jobs act e legge di Stabilità sembrano misure più o meno dettate da Confindustria. Un sistema, quello delle imprese, che non è certo un modello virtuoso, in quanto cresciuto ed educato al sostegno pubblico, quasi sempre acritico, mai in grado di mettere in campo valide strategie. A riprova di una politica industriale assente, vi sono 160 vertenze aperte, che si chiudono solo perché si licenzia o cessa del tutto l'attività. Ed è sconcertante che la discussione sulle riforme avvenga come fossimo sotto una campana di vetro. La stessa manovra non destina risorse essenziali alla crisi sociale, derivante anche dalla crisi del lavoro. Dovevamo allargare i diritti a chi non li aveva, mentre ci ritroviamo con le risorse dimezzate per gli ammortizzatori sociali, riservati a persone già coperte, altro che inclusione! Dopodichè, non vi è sostegno al reddito per chi è in crisi nè vi sono scelte di politica industriale e sviluppo. Col risultato che queste vertenze languono a tutti i tavoli e il governo è latitante, com'è successo all'Ast di Terni".

"Perciò, San Giovanni sarà la piazza dei lavoratori coinvolti nelle vertenze – ha continuato Martini – e porteremo all'attenzione del Paese l'emergenza occupazionale che stiamo vivendo. E penso che il 25 ottobre saranno presenti tutti coloro che vogliono un vero cambiamento. Bisogna smentire il luogo comune che Renzi vuole il cambiamento e noi invece saremmo i conservatori. Non è così, noi vogliamo il cambiamento: il problema è come cambiare e per andare dove. Dopo settimane di spot e luoghi comuni, ora vogliamo parlare di merito e sostanza, perchè il cambiamento è atteso da tanta gente: da chi lavora, da chi è in pensione, da chi è disoccupato, da quel 45% di giovani che vorrebbe lavorare non in condizioni di precarietà come avviene oggi. Tra i protagonisti della manifestazione di sabato ci saranno soprattutto loro, che alla fine dei conti saranno maggiormente penalizzati dal ddl di riforma del mercato del lavoro, nonostante gli slogan del governo".

"Ho lasciato da poco la Filcams – ha osservato ancora il segretario confederale Cgil –, dove abbiamo svolto un'esperienza importante, quella degli studi professionali, che sfruttano migliaia di giovani laureati. Lì, occorre agire su due leve: una è quella della contrattazione e quindi la difesa del contratto nazionale, per non lasciare il settore alla mercè delle controparti. Dopodichè, occorre che il Jobs act sia incentrato su una politica attiva del lavoro, con investimenti e percorsi di sostegno alla formazione e alla riqualificazione professionale, che rendano possibile l'incontro tra il posto di lavoro e la valorizzazione della risorsa umana. Ma se stiamo ancora alla dimensione dei contratti a termine, di breve durata e al demansionamento, il segnale che si dà è esattamente il contrario". 

"La crisi dei ccnl deriva dalla crisi più generale – secondo Martini –. In piena recessione soffrono anche i rinnovi contrattuali, perché c'è poco da redistribuire. Dopodichè, se si pensa di poter superare le attuali difficoltà spostando tutto al secondo livello, è pura illusione, perché per rilanciare la contrattazione bisogna rilanciare lo sviluppo dell'economia. Ma immaginare una sostituzione del secondo livello con quello nazionale significa condannare interi settori a una condizione marginale. È il caso del lavoro domestico, settore sociale importantissimo, con un milione e mezzo di persone, in maggioranza donne. La contrattazione aziendale può accorciare la distanza tra i bisogni d'impresa, legati alla competizione e alla crescita di produttività, alla flessibilità. Ciò fa parte del secondo livello, che però non può mai essere sostitutivo di un quadro complessivo di norme che tutelano l'intero settore. E la questione contrattuale è anche legata ai consumi, uno delle principali leve di formazione del reddito nazionale, che stanno subendo uno dei crolli più significativi nel nostro Paese: se vogliamo rilanciarli, bisogna accrescere la quota di reddito destinata e questo si può fare solo facendo crescere i salari e rivalutando le pensioni". 

"Squinzi dice la manovra di Renzi è condivisibile – ha sottolineato inoltre Martini –, ma l'anno prossimo non ci sarà alcuna ripresa. È una lettura semplice, perché Confindustria incassa dalla manovra una boccata di ossigeno per poter sopravvivere, mentre nel 2015 non succederà niente, perché non ci sono risorse destinate al rilancio dello sviluppo. Credo che gli imprenditori dovrebbero preoccuparsi soprattutto di tale mancanza, perché gli aiuti all'impresa possono essere utili in un contesto di crescita. Qualche giorno fa, un imprenditore mi ha detto una cosa elementare: “Se la crisi prosegue a questo livello, voi gli operai ce li potete anche regalare, ma noi non sappiamo cosa fargli fare”. Quindi, Squinzi deve sapere che il punto non è solo pagare i lavoratori che già hanno e tenere aperte le imprese che già ci sono. Il problema è impedire che chiudano altre aziende e vengano licenziati altri operai, e questo non si fa con una manovra che offre agevolazioni alle imprese, si fa soprattutto rilanciando la produzione, tutto quello che non c'è nella manovra". 

"Sempre a proposito di manovra – ha concluso Martini –, potremmo dire che per certi versi l'Europa ha in parte dettato alcune scelte, se vogliamo fare riferimento alle ultime polemiche sul superamento dell'articolo 18. È paradossale che alcuni leader europei abbiano focalizzato la loro attenzione su questo particolare; ora avranno tutta la manovra da esaminare e attendiamo con curiosità i loro commenti. E lo stesso Quirinale dovrà verificare con chiarezza i conti, perché tutte queste promesse hanno bisogno di una copertura, al di là della qualità e finalità delle scelte. L'Europa chiede una manovra che sia compatibile con il Patto di stabilità, ma noi abbiamo detto più di una volta che quei vincoli rischiano di tenere imprigionata la potenzialità di crescita del Paese. Perciò, dobbiamo forzare questi vincoli per poter offrire una condizione di sviluppo all'Italia".