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“Stai pagando una tassa ingiusta”: lo dicono le sentenze e lo ribadiscono Inca e Cgil che, a proposito dell’ulteriore contributo su permessi di soggiorno, hanno lanciato un appello rivolto a tutti i cittadini italiani e stranieri per chiedere al governo e al Parlamento “di adoperarsi anche attraverso gli opportuni interventi amministrativi e legislativi per riconoscere l’esito e i principi della sentenza della Corte di Giustizia europea”.
La vicenda non è ancora finita e ora è all’esame del Consiglio di Stato che, su richiesta del governo, ha sospeso in via cautelativa il provvedimento del Tar del Lazio, del maggio scorso, con il quale si era giunti alla cancellazione del balzello per il rilascio e il rinnovo dei permessi di soggiorno. “L’appello, in pochi giorni – riferisce Claudio Piccinini, coordinatore degli Uffici Immigrazione dell’Inca – ha già fatto registrare moltissime adesioni tra associazioni e cittadini , ma occorre fare di più per far sentire la voce dei tanti lavoratori immigrati che, a causa del provvedimento di sospensione, sono costretti a pagare nuovamente la tassa contestata, che oscilla tra gli ottanta e i duecento euro”. Un contributo che prima ancora del Tribunale Amministrativo laziale, la Corte di Giustizia europea ha considerato “sproporzionato e di ostacolo alle direttive europee sull’integrazione”. Per firmare l’appello basta rivolgersi ad una delle Camere del Lavoro che sono presenti su tutto il territorio nazionale. Le adesioni saranno successivamente consegnate al Parlamento.
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Sospesa la decisione del Tar
Forti dei giustizi già espressi dai tribunali nazionali e internazionali, Inca e Cgil, nel frattempo, continueranno a raccogliere le domande di coloro che chiedono di essere rimborsati di ciò che hanno ingiustamente pagato. E non sono poche, assicura il Patronato della Cgil. “La protesta continuerà – riferisce Piccinini – fino a quando non saranno rispettate le sentenze, che hanno un valore immediatamente esecutivo. Ci auguriamo, pertanto, che il Consiglio di Stato sia conseguentemente coerente”.
Per il patronato della Cgil, in gioco ci sono i diritti dei lavoratori regolarmente residenti in Italia, regolarmente contribuenti, regolarmente lavoratori”. E che ciò corrisponda al vero lo dimostrano anche i dati sugli introiti dell’Inps derivanti dai contributi previdenziali pagati dagli stranieri occupati. Secondo lo studio della Fondazione Leone Moressa, nel 2014 i lavoratori immigrati hanno versato 10,9 miliardi di euro all’Inps sotto forma di contributi previdenziali, equivalenti, secondo l’indagine, a 640 mila pensioni italiane. Una bella somma alla quale occorre aggiungere altri 7 miliardi di tasse pagate (Irpef). Significativo è anche il contributo sull’economia. Il rapporto Moressa calcola che sono oltre 550 mila le imprese straniere che producono ogni anno 96 miliardi di valore aggiunto. Nel complesso, secondo l'indagine, "gli stranieri che lavorano in Italia producono 127 miliardi di ricchezza, paragonabile al fatturato del gruppo Fiat".
Lo stesso Inps, che fornisce dati reali sulle proprie entrate, riferisce di versamenti contributivi previdenziali annuali di circa 8 miliardi di euro, effettuati da lavoratori stranieri, a fronte di prestazioni riconosciute loro del valore di appena 3 miliardi. Il saldo positivo per l’istituto è quindi, perciò, di 5 miliardi. L’appello che Inca e Cgil rivolgono ai cittadini, vuole richiamare l’attenzione di tutta l’opinione pubblica contro “l’atteggiamento punitivo del Governo italiano che – osserva Piccinini -, in sfregio del diritto internazionale, impone un trattamento vessatorio ai lavoratori stranieri regolari, smentendo addirittura sé stesso, anche in sede comunitaria, quando rivendica il rispetto dell’accoglienza e della coesione sociale chiedendo all’Ue, per questa ragione, gli aiuti necessari per affrontare l’emergenza immigrazione”.
“Pagare le tasse è un preciso dovere morale – si legge nell’appello di Inca e Cgil -, ma nello stesso tempo bisogna affermare che questo dovere morale deve rispondere al principio di equità misurata da parametri oggettivi e soggettivi”. Secondo la Cgil e l’Inca, i migranti regolarmente presenti in Italia devono avere “requisiti molto selettivi per avere la garanzia di continuità di soggiornare legalmente nel territorio nazionale. Questo viene vissuto con grande senso civico e di responsabilità; di conseguenza diventa incomprensibile essere tassati oltremisura, approfittando di un dovere che viene richiesto dallo Stato e cioè la verifica dei requisiti di regolarità che si realizza con la presentazione della pratica di rinnovo del titolo di soggiorno”.