Dopati con oppio e anfetamine per lavorare di più. Trattati come schiavi, costretti a faticare nei campi sotto il sole per 12 ore al giorno, pagati 4 euro l'ora nel migliore dei casi, vittime di violenze, vessazioni, incidenti sul lavoro mai denunciati e 'allontanamenti' facili per chi tenta di reagire.

E' questo l'inferno dei braccianti indiani della comunità sikh dell'Agro pontino che per sopravvivere ai ritmi massacranti e aumentare la produzione dei 'padroni' italiani sono costretti a doparsi con sostanze stupefacenti e antidolorifici per reggere il carico di fatica e attutire stanchezza e dolore. La denuncia sta tutta dentro un dossier realizzato dall'Associazione In Migrazione Onlus, presentato oggi a Latina. Ne dà notizia l'AdnKronos.

Una forma di doping vissuta con vergogna e praticata di nascosto perché contraria alla loro religione e cultura, oltre che severamente contrastata dalla propria comunità, ma per alcuni l'unico modo per  sopravvivere ai ritmi di lavoro imposti, insostenibili senza quelle sostanze. Giornate che cominciano alle prime ore dell'alba e proseguono fino a sera senza sosta: lavoratori piegati sui campi a raccogliere ortaggi, caricare cassette, preparare il terreno per la  piantumazione, e senza alcuna precauzione per le sostanze chimiche usate in agricoltura, spesso nell'illegalità, comunque sfruttati e ridotti a volte al silenzio. Un lavoro usurante, anche 7 giorni su 7, sotto il sole cocente come sotto la pioggia.

Il Rapporto - frutto di interviste rivolte ai braccianti della comunita' Sikh, la seconda d'Italia per dimensioni e rilievo - avanza l'ipotesi che le sostanze dopanti, probabilmente piu' d'una, sarebbero vendute al dettaglio anche da alcuni indiani, molti dei quali recentemente arrestati in diverse operazioni delle forze dell'ordine. Ma dalle storie che 'In Migrazione' ha raccolto emerge che il  'traffico' e' saldamente in mano a italiani senza scrupoli e spregiudicati variamente organizzati con collegamenti, probabilmente, anche con l'estero.

Secondo le stime della Cgil, la comunità sikh arriva a contare ufficialmente circa 12.000 persone,  sebbene sia immaginabile un numero complessivo intorno alle 30.000 presenze. Migliaia di 'nuovi schiavi' - riflette ancora il dossier - che  vivono una condizione inimmaginabile per una societa' che si definisce civile e un Paese democratico, peraltro in un'area come quella che circonda il Parco Nazionale del Circeo, luogo di villeggiatura della  'Roma bene', della politica e dell'imprenditoria.