Nelle tre vertenze più note e dibattute degli ultimi tempi – Amazon, Ikea, Melegatti – è emersa una comune e fondamentale novità: l’ingresso del consumatore nell’arena delle relazioni industriali. Così ha sintetizzato Dario Di Vico nell’editoriale del Corriere della Sera del 13 dicembre scorso il significato più emblematico di tali esperienze. Come non essere d’accordo? Stiamo parlando, tra l’altro, di vertenze che parlano più che di presente/passato, di presente/futuro: la vicenda Amazon sembra addirittura annunciare una nuova epoca, i termini del conflitto sociale del domani in una delle aziende leader del capitalismo digitale.

Il dato veramente nuovo che mi preme sottolineare è però un altro. Provo a sintetizzarlo come segue: la discesa in campo dei consumatori è stata determinante anche nel successo – inteso in particolare come rottura dell’isolamento – che le lotte di cui sopra hanno ottenuto. Addirittura, il nuovo protagonismo dei consumatori è riuscito, attraverso iniziative mirate (come nel caso della vertenza Melegatti), a far conquistare simpatie al sindacato dentro la Community degli innovatori, che rappresenta il nocciolo duro degli utilizzatori del servizio Amazon.

La “ipertecnologica” Amazon, la “democratica” Ikea, immagini aziendali costruite con un investimento di tali e tante risorse pubblicitarie e sapienza mediatica, in grado di metterle al riparo – tra gli altri obiettivi – proprio dalle iniziative “veterosindacali”, si sono dovute scontrare anche con un secondo fronte, quello rappresentato dai consumatori (più o meno organizzati). Bisogna metterle a fuoco queste novità, farne tesoro. Perché, è vero, i consumatori stanno acquisendo sempre più un potere di condizionamento. Che può essere attivato al fianco del potere di condizionamento che gli stessi lavoratori esercitano per mezzo delle loro organizzazioni di rappresentanza. Oppure può essere lasciato al suo stato inerziale. Due parallele che non si incontrano mai.

Il messaggio che arriva da tali esperienze sociali è inequivocabile: i consumatori possono diventare forza attiva nella grande contesa tra capitale e lavoro. Per questo costruire un nesso permanente tra lavoratori e utenti, tra sindacato e organizzazioni dei consumatori, per definire insieme una linea strategica comune, può rivelarsi decisivo e utile: fino al lancio di campagne di boicottaggio in comune dei prodotti di quelle aziende che violano apertamente i diritti  fondamentali del lavoro.

A questo preciso riguardo, Federconsumatori, con i protocolli di intesa sottoscritti con la Fiom, la Fisac e con altre categorie della Cgil, sta cercando di aprire da anni un nuovo fronte di intervento. Protocolli che, vale la pena di ricordarlo, si reggono su due concetti di fondo. Il primo: il consumo condiziona sempre più le decisioni di investimento. La relazione tra produzione, distribuzione e consumo, che per decenni è stata pensata come essenzialmente gerarchica (è l’offerta che crea e governa la domanda), sta diventando sempre più circolare. La reputazione dell’impresa e del prodotto, il marchio, sta assumendo sempre più un valore determinante, che può, per ciò stesso, passare dal positivo al negativo, diventare cioè il tallone di Achille di qualsiasi impresa e prodotto. Il secondo: nel corso dell’attuale Grande Crisi, il tema del modello di consumo (consumismo, spreco, rifiuti, sicurezza) ha finito per acquisire la stessa rilevanza – per la prima volta nella storia – del tema relativo al modello produttivo. Nell’altra Grande Crisi, quella del 1929, non era stato affatto così.

È possibile trarre un insegnamento dalle vertenze sul lavoro che con sempre maggior frequenza vedono implicate grandi multinazionali nei settori più disparati? C’è modo di far tesoro della qualità – nella fattispecie, dell’eterogeneità – dei soggetti coinvolti, del tipo di risultati ottenuti? L’unica certezza che dai conflitti in questione possiamo ricavare è che la strada intrapresa, perfezionata, organizzata e governata, può portare buoni frutti agli Achei, per dirla con L’Iliade di montiana memoria. Sia ai lavoratori che ai consumatori.

Luigi Agostini è coordinatore della Fondazione Isscon (Istituto studi sul consumo)