A che punto è la lotta contro l'illegalità e soprattutto contro la sua cultura che si alimenta di pavidità e omertà? Una domanda che si carica di significato nell'anniversario della morte del socialista Giacomo Matteotti, rapito e assassinato perché aveva osato denunciare le violenze, i brogli e il malaffare fascista. Matteotti sfidò il potere e l'arroganza fascista consapevole di rischiare la vita in nome della democrazia e dell'onestà, di un ideale di vita che era tutt'uno col suo impegno politico e civile. Oggi di quel gesto estremo cosa resta?

Se mettiamo in fila alcuni degli avvenimenti di questi ultimi mesi, verrebbe da pensare che il nostro sia un Paese senza speranza, che non c'è gesto estremo che insegni. La cronaca recente ci parla di inchini e processioni, del figlio del boss dei boss della mafia siciliana Riina che con grande clamore mediatico viene invitato a presentare un libro sul padre nel più seguito salotto di RaiUno, servizio pubblico sostenuto con i soldi dei contribuenti onesti; di una sparatoria in stile far west nel bel mezzo del Parco dei Nebrodi per cercare di eliminarne il presidente colpevole d'essersi opposto alla mafia dei pascoli e ai suoi traffici.

L'Italia è un Paese strano che ha imparato quanto sia facile convivere col potere corrotto, ma anche a dire no. Come dimostrano i ragazzi di Corleone che ci hanno messo la faccia e hanno invaso il web con le loro foto insieme all'hashtag, #IoNonMiInchino. Come Angela Sciacca della libreria Vicolo Stretto di Catania – non di Treviso – che ha messo su un bel cartello, pubblicato poi anche su facebook, per avvisare che da lei il libro del figlio di Riina non si vende. E come Giuseppe Antoci che ha preferito rischiare la vita piuttosto che voltarsi dall'altra parte e lasciare che la mafia continuasse ad arricchirsi speculando sui terreni demaniali del Parco dei Nebrodi a spese delle comunità.

Sabato 11 giugno proprio nel cuore del Parco dei Nebrodi, a Cesarò, si terrà una manifestazione di solidarietà ad Antoci e per la legalità organizzata da Cgil Cisl e Uil siciliane e messinesi alla quale prenderà parte la segretaria nazionale Cgil Gianna Fracassi. Una testimonianza pubblica e concreta di impegno perché la cultura della legalità non si alimenta con le parole ma con i fatti, con gesti concreti come le scelte di campo difficili e coraggiose che vanno anche ricordate e rinnovate, per rigenerarne la forza e la portata.