Il 24 aprile prossimo a Roma, in piazza Montecitorio e davanti al ministero delle Politiche agricole, protesteranno i piccoli pescatori. Si tratta della prima manifestazione che sia stata mai organizzata dall’Alpaa, segno tangibile del mutamento d’orizzonte dell’associazione, che fino a oggi si è limitata a svolgere un importante ruolo nell’ambito dei servizi della Cgil. “Un salto di qualità – dice Gino Rotella, presidente nazionale dell’Alpaa – posto al nostro ultimo congresso e reso possibile dal diffuso malessere che, in tempi di crisi, serpeggia anche in ambiti di lavoro affini a quelli più classici del lavoro dipendente”.

Soggetti sociali di frontiera, con piccole imbarcazioni spesso gestite da donne, madri, mogli, sorelle: ecco chi scenderà in piazza il prossimo venerdì. “Armatori”, così si chiamano in gergo giuslavoristico, che ingaggiano come marinai dipendenti figli, mariti, fratelli. “Un lavoro vitale – prosegue Rotella – per la sostenibilità economica delle proprie famiglie, ma senza diritti, giacché figurano come imprese”. E in effetti, diversamente da altri settori dove tali rapporti possono essere configurati nell’alveo delle collaborazioni familiari, nella pesca assumono le caratteristiche dell’impresa.

Imprenditori particolari, in verità, cui anche il cosiddetto mondo della rappresentanza preferisce prestare poca o nessuna attenzione, destinando altrove lo sguardo. A ciò, probabilmente, è dovuta la massiccia e inaspettata partecipazione alle assemblee in questi giorni svolte in molte marinerie del paese, per porre all’attenzione del confronto temi mai o mal risolti. Temi, in verità, fin troppo noti agli addetti ai lavori, alle istituzioni e alle forze politiche attive sul territorio, a cominciare da quello più impellente delle quote di pesca del tonno rosso.

Di cosa si tratta? “L’Europa – spiega il presidente dell’Alpaa –, sulla base del pescato nel 2000, assegnò all’Italia una quota pari a 1.950 tonnellate. Successivamente, con diversi decreti, il ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali ha di volta in volta stabilito la ripartizione di tale quota. Un fatto che può sembrare strano, ma che in realtà rientra nella norma: se infatti all'Unione europea spetta la gestione complessiva delle quote, i singoli paesi decidono criteri e modi per attribuire le quantità da pescare ai diversi sistemi e alle singole unità di pesca, intese come imbarcazioni”.

I ministri che si sono succeduti al ministero hanno adottato sempre lo stesso (iniquo) criterio, privilegiando le poche (grandi) realtà a danno delle (tante) piccole. Un criterio accettato e adottato anche dall’attuale titolare del dicastero, con il risultato che – con il 74,32 (nel 2014 era il 74,40% della quota nazionale) per il prossimo triennio – continuano ad avere il quasi monopolio delle quote sempre le stesse imbarcazioni (12, per l’esattezza). Tradotto in soldoni, i piccoli pescatori, rimangono da anni praticamente all'asciutto. Briciole.

Senza dimenticare tutte le altre questioni – non meno importanti – sul tappeto, come la richiesta di una deroga temporanea, fino al 31 dicembre 2015, dei vincoli previsti dalla normativa per l’utilizzo delle piccole reti derivanti con maglia non superiore ai 18 centimetri. Deroga richiesta proprio per dare la possibilità ai piccoli pescatori, anch’essi colpiti dalla crisi, di avere più tempo per riconvertire le reti e mettersi in regola con le disposizioni comunitarie. Non solo. I promotori della protesta del 24 chiedono anche di rivedere i criteri atti a individuare nuovi ambiti territoriali in cui adottare piani sperimentali per la pesca speciale del “rossetto", coinvolgendo in particolare quelle aree dove tale pesca assume caratteristiche tipiche, connesse alle tradizioni del territorio. “È evidente – conclude Rotella – che ci troviamo in presenza di rivendicazioni tutte dettate dal buonsenso, condivise da intere comunità e amministrazioni locali, ma che non riescono ancora a trovare nel governo interlocutori sensibili”.