Il Nord come entità locale lanciata su scala internazionale, assimilabile all'Europa piuttosto che all'Italia. Un Nord sempre più coeso a livello socio economico, alla ricerca di un orizzonte politico in grado di valorizzarne il dinamismo imprenditoriale.

Sono i temi emersi in occasione della presentazione del libro "La crisi italiana nel mondo globale. Economia e società del Nord", a cura di Paolo Perulli e Angelo Pichierri, nato all'interno del "Progetto Nord", grazie al contributo di studiosi appartenenti alla Fondazione IRSO (Istituto di Ricerca sui Sistemi Organizzativi). All'iniziativa, promossa dalla Camera del Lavoro di Milano e dall'IRES e svoltasi presso la Camera di Commercio della città, hanno preso parte esponenti del mondo sindacale, imprenditoriale e accademico.

"Il Nord c'è. È un soggetto autosufficiente, collegato con un globale che non è l'Italia". La posizione dell'onorevole Piero Bassetti, Presidente dell'associazione "Globus et Locus" di Milano, è piuttosto chiara nella volontà di richiamare in vita una linea gotica di natura geopolitica. Secondo questa visione, il Sud dovrebbe trovare un proprio itinerario di aggancio all'Europa, da costruire insieme al Nord, ma con caratteristiche distinte rispetto ad esso. "La volontà di affidare al Centro la perequazione dei due – continua – è un tentativo fallito, oltre che patetico, anche perché la crisi dello Stato nazione è evidente, irreversibile".

La soluzione a tale squilibrio dovrebbe dunque consistere in un federalismo in grado di far convergere due macro regioni differenti. Non può equivalere né al localismo della Lega, né servire alla costruzione di un'unità statuale. Ci si chiede, però, con quali apporti le regioni del Nord avrebbero costruito la loro autosufficienza, su quali basi creino oggi la loro ricchezza, e se ciò significhi qualcosa nella definizione dell'identità settentrionale.

Il richiamo al legame con le aree economicamente più sviluppate dell'Europa ha un evidente fondamento, ma limitare lo sguardo a questo confine appare dannoso, oltre che storicamente superato. Soprattutto, non serve a risolvere i problemi che oggi il Nord si trova ad affrontare.

Questioni che riguardano la necessità di offrire una governance adeguata a quelle medie imprese che, con la loro capacità di concorrere nel mercato globale, rappresentano una risorsa mal gestita. C'è bisogno di apertura, di stabilire relazioni, ma anche di rinsaldare il legame tra impresa e territorio. La Lega è una risposta alle paure della globalizzazione, non uno stimolo a evolversi.

"Il federalismo che propone non fa che rafforzare poteri preesistenti. Se è vero che non tutto deve dipendere dalla decisione statale – avverte Riccardo Terzi, Segretario nazionale dello Spi Cgil – ciò significa anche che le forze sociali devono imparare a fare sistema e a mediare interessi diversi, avere ambizioni più alte".

È appunto qui, che risiedono le maggiori insicurezze del Nord: in una società disconnessa dall'economia, coinvolta da trasformazioni che non sono state governate, percorsa da profonde fratture al suo interno. Si pensi alle questioni poste dall'immigrazione, alla sfiducia dei giovani rispetto alla mancanza di lavoro, al tema della sostenibilità ambientale. Problemi, tra l'altro, che attraversano tutto il Paese, e che necessitano di una risposta unitaria.

Come ricostruire, allora, il sistema sociale? "Attraverso la politica – risponde Onorio Rosati, Segretario generale della Camera del Lavoro di Milano –. Il sindacato può offrire il proprio contributo, ma solo agendo all'interno di un sistema di regole condivise. Molto spesso, i cambiamenti sono avvenuti nonostante noi. Servono strumenti relazionali e contrattuali più avanzati, di cui dotarci anche attraverso una riforma del sindacato stesso".

Serve un cambio di mentalità, che superi la solita dicotomia Nord-Sud. Una contrapposizione con effetti deleteri anche nel Meridione, dove posizioni speculari alla Lega ottengono oggi un rinnovato interesse, limitando la possibilità pensare con lucidità alla ricostruzione del Paese.