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“Italiaonline macelleria sociale". È lo striscione giallo che campeggia sul muro di fronte al ministero dello Sviluppo economico, dove oggi (20 marzo) si è svolto l'atteso vertice tra governo, azienda e sindacati. Dalle 9 del mattino sono arrivati lavoratori da quasi tutte le sedi dell’ex Seat Pagine Gialle per far sentire le loro voci, mentre all’interno veniva raggiunta una piccola intesa, ancora incerta: la sospensione dei licenziamenti per tre settimane. Abbiamo ascoltato alcuni di loro.
Francesco Martinelli, Roma
Il mio destino dipende dalle scelte dell’azienda, che sta proseguendo la sua opera di razionalizzazione delle risorse. E le risorse siamo noi. Io sono in cassa integrazione a rotazione, quindi rischio meno di chi è in cassa a zero ore, ma rischio di più di chi non è in nessuna delle due condizioni. Nella nostra azienda ci sono in questo momento dipendenti di serie A, B e C. Nella prima ci sono i lavoratori dichiarati “infungibili”, che sono rimasti a pieno servizio. Seguono quelli in cassa integrazione a rotazione, come me, che il venerdì stanno a casa. Poi ci sono i colleghi che sono a casa dal novembre 2016, che ci sono stati mandati con un’email, inviata nel tardo pomeriggio: molti di loro non l’hanno letta in tempo, sono tornati il giorno dopo al lavoro, come sempre, e hanno scoperto così che il loro badge era stato disattivato.
Sandro Saitta, Palermo
A Palermo, che era una delle nove direzioni di area territoriale, siamo in cinque a lavorare di cui uno – il sottoscritto – fa quattro giorni al mese di cassa integrazione, mentre altre otto persone si trovano in cassa a zero ore. Non siamo tanti, ma ci sono sempre 13 famiglie che rischiano di perdere il lavoro. Ho 56 anni e 28 anni e mezzo di servizio. Io e i miei colleghi speriamo in un intervento decisivo da parte del governo. La nostra è un’azienda che lavora principalmente online, quindi se il problema è la sede – spostare persone da Torino a Milano, o anche da Palermo a Milano – potremmo lavorare da casa, in regime di telelavoro. Ci sarebbero delle soluzioni da adottare per evitare i licenziamenti, anche perché – ricordiamolo – si tratta di un’azienda che fa utili e non è affatto in crisi.
Marialuisa Giannetti, Torino
Sono dipendente di Italiaonline, ex Seat Pagine Gialle, da 27 anni. Ne ho 48. Lavoro a Torino, in corso Mortara. Lavoro nel settore amministrativo e sono uno dei 400 esuberi dichiarati dall’azienda il 6 marzo. Esuberi che hanno solo uno scopo prettamente finanziario e lucrativo, perseguito sulla pelle dei dipendenti, e non fanno certo parte di un progetto di rilancio dell’azienda. Vogliamo che venga ritirato questo piano, vogliamo che l’azienda torni sui suoi passi, che gli uomini che la dirigono mostrino di avere una coscienza, perché stanno mettendo sul lastrico 400 famiglie. È proprio come dice quello striscione, è una macelleria sociale.
Laura Polvani, Firenze
Ho 47 anni e lavoro in Seat da 27 anni. Un anno e mezzo fa la società ha chiesto una cassa integrazione per riorganizzazione, in seguito alla fusione con Italiaonline: il piano prevedeva 306 persone in cassa a zero ore e altre 400 a rotazione. Le persone in cassa a zero ore dovevano essere formate, riqualificate e reinserite nel perimetro aziendale e le attività dovevano essere concentrate su Torino: oggi ci dicono che Torino chiude e che ci saranno trasferimenti e licenziamenti. È un’ingiustizia vera, perché una società che fa utili, una società in crescita, che un anno fa si è spartita 80 milioni di euro e ha aumentato le stock options per i manager, adesso licenzia. Perdere il lavoro per me sarebbe una tragedia. Ho due figli, uno è iscritto all’università e non saprei come pagargli le tasse: dovrebbe rinunciare a studiare, ad avere un futuro. Sarebbe difficile ricollocarmi: a 47 anni per lo Stato siamo giovani e non possiamo andare in pensione, ma per le aziende siamo vecchi, non ci vuole nessuno. Siamo una generazione bruciata.
Anna Petrillo, Bologna
Ho 57 anni e lavoro per Italiaonline, ex Seat Pagine Gialle, da 30 anni. A questa età nel mercato del lavoro non abbiamo un futuro, la nostra idea era traguardare il pensionamento con questa azienda. Invece mi trovo in cassa integrazione a zero ore e faccio parte dei 152 previsti esuberi sul territorio. Questa azienda voleva ristrutturare, ma in realtà ha fatto solo degli utili eliminando la forza lavoro. Mi auguro che ci venga restituita la possibilità di arrivare alla pensione, perché altrimenti avremo solo 10 anni di povertà davanti a noi.
Romina Fonzo, Milano
Lavoro in Seat Pagine Gialle, adesso Italiaonline, da 10 anni e mi occupo di digital. Non sono in cassa integrazione, ho fatto cassa a rotazione per circa tre anni e mezzo e poi sono stata salvata perché “infungibile”, grazie alle mie mansioni, sono entrata direttamente sul digital, non ho fatto altro a livello aziendale: persone, della mia stessa età, ma con studi diversi, che si sono occupati del lavoro su carta, sono più a rischio di me. Dobbiamo essere solidali con i colleghi a rischio, perché obsoleti, perché l’azienda non mostra interesse a formarli per ricollocarli al suo interno. Molte posizioni, con una buona riqualificazione professionale, potrebbero essere recuperate, senza assumere nuovi profili all’esterno. Quando sono entrata a lavorare internet non era ai livelli in cui si trova adesso: ho imparato lavorando e molte altre persone potrebbero farlo adesso. Ma le nuove assunzioni sono più convenienti per l’azienda, gli stipendi più bassi di quelli dei vecchi dipendenti ora a rischio.
Gabriella Marsin, Treviso
Ho 57 anni e sono dipendente di questa azienda da 32. Si prospetta la chiusura della filiale di Treviso, dove è rimasta un’unica persona attiva, oberata di lavoro e in più in cassa a rotazione quattro giorni al mese, quindi con un grosso ammanco dello stipendio. Siamo in 12 in cassa integrazione a zero ore, io da tre anni. Gli ho chiesto se ero vecchia, mi hanno risposto ‘no signora, non si preoccupi, adesso la riqualifichiamo, nella ristrutturazione rientrerete tutti’. Ma erano corsi finti, non si può imparare tutto quello che serve in 16 ore, in due giorni. Quando torni a casa sei vuoto. Sarei disposta anche ad andare a Milano pur di rientrare, perché alla mia età mi ritrovo a non essere più appetibile nel mercato del lavoro e allo stesso tempo nell’impossibilità di raggiungere la pensione. Il nostro stato sociale viene buttato via, letteralmente. Loro hanno un sacco di soldi, hanno sfruttato gli ammortizzatori sociali e ora ne guadagneranno ancora lasciandoci a casa. E noi, noi rimaniamo senza niente.
Maddalena Ciaccia, Napoli
Ho 57 anni e sono in Seat da 27 anni. Non arrivo a fare 30 anni di contributi e il mio intento, ovviamente, è quello di andare in pensione. Dal novembre 2016 sono in cassa integrazione. Il sindacato vorrebbe spingere per un altro periodo di cassa integrazione, l’ultimo a nostra disposizione, ma noi vorremmo essere reintegrati perché in questo modo almeno 200 persone avrebbero la possibilità di accedere al prepensionamento. Non sono poche, su 400 che vogliono licenziare. Aspettiamo anche di capire se le sedi territoriali resteranno in piedi, perché è stato dichiarato che non sarebbero più utili. Siamo in attesa. È semplice. E assurdo. Una soluzione semplice sembra impossibile da realizzare. In fondo non chiediamo molto, chiediamo solo un nostro diritto.