“Dodici associazioni datoriali, in rappresentanza del 65% del Pil nazionale, si sono recentemente riunite a Torino per chiedere un cambio di passo sulla politica infrastrutturale del nostro Paese, mentre la discussione sulla manovra procede in modo a dir poco tortuoso”. Con questa fotografia della situazione italiana, scattata dal presidente dell’Ance Gabriele Buia, si è aperta la tavola rotonda dal titolo “Il futuro dell'edilizia, tra diritti e innovazione”, che ha concluso la seconda giornata del congresso nazionale della Fillea Cgil, in corso a Napoli presso il centro congressi della Stazione marittima. Al forum, coordinato da Giorgio Pogliotti del Sole 24 Ore, oltre a Buia hanno partecipato il vicepresidente di Legambiente Edoardo Zanchini, l’assessore all’Urbanistica della Regione Campania Bruno Discepolo ed Alessandro Genovesi, segretario generale del sindacato degli edili della Cgil. Convitato di pietra, anzi “di cartone”, il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, invitato ma non pervenuto all’incontro.

“Negli ultimi tre anni – ha continuato Buia –, invece di aumentare gli investimenti, abbiamo perso 13 miliardi, non raggiungendo i livelli prefissati dalla legge di Bilancio degli anni passati. C’è un gap strutturale di 84 miliardi e abbiamo assistito a una riprogrammazione continua degli investimenti, con 5 modifiche in 8 anni, che hanno rinviato il via alle grandi opere. Non c’è neanche un progetto di manutenzione delle infrastrutture. Stiamo andando a sbattere contro a un muro a 200 all’ora. Abbiamo esposto al governo le nostre preoccupazioni, ma non abbiamo ricevuto risposte; chiediamo un tavolo di settore perché vogliamo risposte concrete”.

“Oramai il sindacato degli edili, l’Ance e Legambiente hanno le stesse idee – ha detto poi Edoardo Zanchini. Dopo 10 anni di crisi nel settore delle costruzioni, le posizioni sono molto simili, mentre lo sbandierato cambiamento del governo sembra sempre più un bluff. Anche gli ambientalisti non riescono a capire dove l’esecutivo voglia portare il Paese, perché oltre i no alle grandi opere non propone nulla”. Le questioni ambientali avvicinano associazioni, sindacati e aziende perché portano a chiedere “qualità nelle costruzioni, competenze e riqualificazione urbana”. Temi che però spingono a “disegnare un modello di sviluppo diverso e vincente. È quello che è successo in Spagna, con le trasformazioni urbane degli ultimi 20 anni. Ma bisogna scegliere di fare, mentre il punto debole dell’azione del governo è che non sceglie”.

Secondo Bruno Discepolo, invece, “l’edilizia storicamente è sempre stata il volano delle economie in crisi, in grado di rilanciare una fase espansiva e di crescita”. Invece il Paese oggi sta vivendo una fase “in cui i timidi segnali positivi dell’economia non si riflettono nel settore delle costruzioni”. È una novità che, secondo l’assessore del Comune di Napoli, dimostra come “l’intero mondo dell’edilizia stia cambiando. Siamo in un periodo in cui bisogna riconvertire questo settore all’insegna non della crescita dello spazio urbanizzato, ma in funzione della trasformazione del patrimonio esistente”. In poche parole “bisogna puntare sulla rigenerazione urbana”.

“Noi sindacati, in realtà, stiamo avendo interlocuzioni con il governo – ha detto Alessandro Genovesi –. Al Mise le singole vertenze hanno i loro tavoli. Il problema è che non ci riconoscono come portatori di una visione per il Paese, che è l’essenza del sindacato confederale. Se Toninelli oggi si fosse presentato, gli avrei detto che è necessario rilanciare il settore in altre prospettive, investendo molto”. La Fillea avrebbe poi posto il problema che si crea “rinunciando alle grandi opere, cioè rimandare l’immagine di un Paese che si chiude rispetto all’Europa. Un messaggio dirompente, perché respinge gli investimenti”. “È una tempesta perfetta – ha concluso il segretario della Fillea –, eppure, se il governo pensa che la soluzione sarebbe la semplificazione del codice degli appalti, se ne può anche discutere, ma con alcuni paletti. Non si toccano le norme sul subappalto, il contratto collettivo e l’estensione del Durc di congruità. Con l’Ance, i sindacati, insieme al contratto hanno sottoscritto anche un avviso comune sulle priorità del settore, e nemmeno su questo abbiamo avuto una risposta. A questo punto non ci resta altro che la piazza”.