“Il bilanciamento difficile. Industria ed ambiente dal secondo dopoguerra ad oggi”. È questo il titolo del seminario di studi organizzato dall’Ires Cgil Basilicata in collaborazione con l’Università degli studi di Salerno e patrocinato dalla Società italiana di storia del lavoro, che si è svolto oggi, 19 luglio, a Potenza nella sede della Cgil Basilicata in via del Gallitello e che proseguirà domani, 20 luglio, al Dipartimento di Scienze politiche sociali e della comunicazione del campus di Fisciano, a Salerno.

Una due giorni di studi interdisciplinari a cura di trenta ricercatori provenienti dai principali atenei italiani e da alcuni atenei europei per confrontarsi, a partire da un approccio storico, sul complesso e delicato equilibro tra lavoro industriale e criticità ambientali e sui rapporti di negoziazione, collaborazione e conflitto che questo genera tra i vari attori sociali, politici ed economici che caratterizzano lo spazio pubblico.

Spiega il presidente Ires Cgil Basilicata Giovanni Casaletto: “Analizzando anche particolari casi studio - da Taranto alla Pozzi di Ferrandina in Basilicata, dalle Fonderie Pisano nel salernitano al polo industriale di Portovesme in Sardegna – l’obiettivo è portare all’attenzione del decisore pubblico problematiche inerenti il diritto alla salute e il ricatto tra lavoro, salute e qualità ambientale”.

Al centro del dibattito il petrolio in Basilicata. “Il tema ambiente, lavoro e sviluppo - dichiara il segretario generale Cgil Basilicata Angelo Summa durante il seminario a Potenza - è un tema che richiama fortemente la responsabilità di più soggetti, in particolare di quelli deputati al monitoraggio ambientale e della sicurezza. In Basilicata, come nel mezzogiorno, è emersa tutta la debolezza delle funzioni terze, dall’Asl all’Arpa fino ai dipartimenti ambienti. Anche la vicenda odierna del sequestro dell’inceneritore Fenice di Melfi mette in evidenza tutta fragilità del sistema istituzionale di protezione e monitoraggio che dovrebbe sovrintendere e tutelare la qualità dell’ambiente. Se non c’è una terzietà delle funzioni deputate al controllo è complicato e complesso dar forza a qualsiasi iniziativa di sviluppo.

Per venti anni in Basilicata elemento di discussione sono stati i diritti dei lavoratori e le garanzie occupazionali nei cambi di appalto ma oggi il tema si è capovolto. La centralità è tutta sul rapporto tra attività estrattiva e inquinamento ambientale, a causa delle criticità che si sono verificate: dallo sversamento, in ultimo, delle 400mila tonnellate al Cova di Viggiano, all’assenza di istituzioni terze di controllo. Basti pensare che per lungo periodo, le uniche centraline di monitoraggio in Val d’Agri erano quelle dell’Eni.

Oggi che l’Arpab ha perso credibilità – riprende Summa - la percezione nella Val d’Agri e in Basilicata è che il petrolio è di una tale invasività che bisogna pensare al dopo petrolio. La gestione della transizione è uno dei punti forti della proposta Cgil. È solo conciliando ambiente e innovazione tecnologica che il Mezzogiorno e la Basilicata possono recuperare il gap con il resto del Paese, aprendo una fase con Eni e Total di programmazione, definendo da subito l’uscita dalle fonti fossili.

In questo contesto – conclude - va disegnata una strategia di politica industriale con atti e documenti conseguenti a un dibattito collegiale, in cui si collochi la strategia industriale e si stabilisca a monte come e fino a quando usare la risorsa petrolio. Diversamente, trarremo solo gli svantaggi dall’attività estrattiva”.

Conclude Alfonso Conte, dell’Università degli studi di Salerno, nel suo excursus storico del rapporto industria e ambiente dal dopoguerra a oggi, passando dalla fase del paradigma industriale alla deindustrializzazione: “È a partire dalla metà degli anni 70 che si è aperta quella fase di transizione in cui siamo immersi ancora oggi, in quanto non siamo ancora arrivati a modelli capaci di accogliere consenso. Alcuni elementi innovativi , però, iniziano ad affermarsi: la qualità dell’ambiente e la salute dei lavoratori e delle persone sono beni da tutelare quanto il bene occupazione.

E ciò si verifica anche in Basilicata, terra di estrazioni petrolifere oggi e degli insediamenti chimici in passato, con problemi di riqualificazione di cimiteri industriali che attualmente non sono solo quelli dei giacimenti petroliferi ma della Basilicata post stagione chimica e dell’industrializzazione forzata. È di questo anche che bisogna tener conto in una politica economica e industriale che includa i settori che stanno rilevando capacità di produrre reddito: agricoltura sostenibile, riscoperta di risorse in termini di produzione tipica, artigianato”.