Da settimane protestano in tutta la Spagna, rivendicando la rivalutazione del potere d’acquisto delle pensioni – “brutalmente attaccato dalle riforme dei governi del Psoe e del Partido Popular a beneficio della grande banca e delle assicurazioni” – in linea con l’indice dei prezzi al consumo. Lo scorso 22 febbraio in decine di migliaia, donne e uomini, sono scesi in decine di migliaia nelle piazze di Madrid, Barcellona, Bilbao, Valencia, Siviglia e in una settantina di altre città, convocati dal Coordinamento statale in difesa del sistema pubblico previdenziale, un movimento di base la cui portavoce, Victoria Porta, è un’esperta in materia pensionistica, originaria della Galizia.

Un movimento del tutto somigliante a quello degli Indignati del 25 maggio 2011 (ma con gli anziani a fornire ai partecipanti le principali parole d’ordine), cresciuto in un anno con il passaparola, l’uso discreto delle reti sociali, gli incontri con la popolazione anziana promossi dalle diverse piattaforme in difesa delle “pensioni giuste” e a cui si sono poi aggregati i sindacati confederali Comisiones Obreras e Ugt. Dopo il 22 febbraio si sono tenute nel mese di marzo altre mobilitazioni e nuove se ne prevedono nei prossimi giorni, tra il 15 e il 17, a Barcellona e a Madrid.

Sono oltre 9,5 milioni in Spagna le persone pensionate, per un importo medio mensile di 930 euro, secondo gli ultimi dati del ministero del Lavoro e della Sicurezza sociale riferiti al 1˚ gennaio 2018, e con una sperequazione particolarmente ampia, percependo in molti un reddito previdenziale tra i 400 e i 600 euro mensili. Le più penalizzate risultano essere le donne, con un importo medio di pensione di 725 euro, contro i 1.148 euro dei loro coetanei maschi: uno scarto che si spiega soprattutto con la differenza salariale di genere occorsa durante la vita lavorativa, che determina un divario previdenziale tra donne e uomini dovuto soprattutto alle pensioni di tipo contributivo.

Dal 2014 le pensioni in Spagna sono aumentate di circa la metà rispetto all’incremento dei prezzi. Lo scorso 29 dicembre, il Consiglio dei ministri ha approvato nella misura minima prevista la rivalutazione delle pensioni, pari allo 0,25% per il 2018, una percentuale che corrisponde a una crescita mensile dell’importo previdenziale di un paio di euro, considerata dai pensionati una vera e propria elemosina. Nel frattempo, però, sono cresciute le utenze domestiche e si è andata sviluppando una nuova bolla immobiliare nel mercato dell’affitto. A complicare ancora di più le cose, negli ultimi anni, il governo del Pp ha svuotato il fondo di riserva del sistema previdenziale, lasciandolo sguarnito per un eventuale ricorso di ultima istanza.

Le riforme previdenziali di Zapatero nel 2011 e di Rajoy nel 2013 hanno avuto come risultato finale quello dell’allungamento dell’età pensionistica a 67 anni e del periodo contributivo di riferimento agli ultimi 25 anni. L’ultimo tassello della riorganizzazione previdenziale entrerà in vigore dal 2019, e prevede l’assunzione nel sistema di calcolo delle pensioni del coefficiente legato alla speranza di vita, con una riduzione dell’importo mensile.

Il futuro del sistema previdenziale intanto sta invadendo la scena politica spagnola: mentre la sinistra sostiene le mobilitazioni contro il governo, e il Partido Popular non nasconde le sue preoccupazioni riguardo al fatto che i pensionati rappresentano una parte fondamentale del suo elettorato tradizionale, il governatore del Banco de España infila una perla dietro l’altra. Prima sostiene che andrebbe allungata la vita lavorativa oltre i 67 anni, poi sottolinea che i pensionati sono spesso proprietari di casa come dato di cui tener conto per valutare la capacità del reddito previdenziale nel garantire una vita dignitosa nell’età anziana. Infine, si lamenta del fatto che ci sia poco risparmio privato investito nei fondi pensione e troppo nell’acquisto di case. Dal canto loro, i pensionati assicurano che continueranno a mobilitarsi fino a ottenere almeno pensioni in linea con l’inflazione.