La questione dello sviluppo del Sud è nazionale. E non è solo un fattore economico: si tratta di un baluardo fondamentale per la coesione sociale di un paese nel quale la crisi ha fatto riemergere spinte disgregative dai territori. Così Luigi Giove, segretario generale della Cgil Emilia Romagna, che abbiamo intervistato a margine dell’assemblea generale della Cgil in svolgimento a Lecce e che ha al centro della discussione proprio il destino del nostro Mezzogiorno. “Questo paese – sottolinea – non riuscirà mai a fare seriamente un balzo in termini competitivi se non comincia a considerare il Sud come una risorsa e non una zavorra”.

Quello di Giove è un occhio particolare: viene infatti da Taranto e queste realtà, con tutte le loro potenzialità, le conosce bene. Ma come si colma questo gap decennale con il resto del paese? “È necessario tornare a cospicui investimenti pubblici, altrimenti il sistema economico da solo non ce la fa. Questi lunghissimi anni di austerità hanno colpito il Welfare e i servizi in tutta Italia, ma è chiaro che i tagli sortiscono effetti diversi, ad esempio, nella mia regione o in Calabria. Questo fa sì che il divario continui ad aumentare e ciò crea un problema di equità, di mancata parità nelle possibilità che i cittadini hanno, dalla formazione alla collocazione sul mercato del lavoro”.

Rassegna Il rischio è che il divario aumenti non solo sul piano economico...

Giove Certamente. Si pone anche un problema di unità nazionale. Continuare a ripetere che il Sud è un problema sollecita quegli istinti egoistici che nel Nord ancora ci sono e che non si sono mai spenti del tutto. Oggi si sono riavviati preoccupanti processi di disgregazione, riemergono pulsioni a far da sé e per sé, basta vedere i referendum proposti in Veneto e Lombardia.

Rassegna Anche se negli ultimi tempi la Lega manda messaggi di stampo nazionalista…

Giove Vero, ma assistiamo a una sorta di schizofrenia tra il messaggio xenofobo e nazionalista a livello nazionale, e i comportamenti sul territorio, dove la Lega continua a essere secessionista.

Rassegna Tu parli di massicci investimenti pubblici, ma allora si pone con forza anche un problema di legalità del contesto economico in cui questi investimenti dovrebbero andare...

Giove Sì, è un problema che va affrontato con decisione, per quanto il fenomeno delle infiltrazioni, come dimostra da noi il processo Aemilia, sia ormai un fenomeno nazionale. Il problema però non può essere solo affrontato con l’attività investigativa della Magistratura. Servono regole, prevenzione; bisogna evitare di interpretare come burocrazia inutile i passaggi regolatori per gli affidamenti degli appalti e gli interventi pubblici. Servirebbero, ad esempio, le white list, la regolazione di appalti e flussi finanziari tra gli appalti che sperimentiamo con successo in Emilia Romagna dal sisma del 2012. Abbiamo un testo unico sulla legalità approvato dalla Regione e un importante protocollo sul riutilizzo dei beni confiscati alla mafia. Credo siano esperienze esportabili.

Rassegna Nella sostanza dici che per colmare il gap non si possono fare “parti uguali tra disuguali”, come diceva Don Milani, ma che occorre investire più risorse al Sud. Ma credi che sia fattibile dal punto di vista della comunicazione politica, oggi, una cosa del genere?

Giove Capisco che non sia facile, ma è logico. Investire un 1 per cento di Pil al Sud genera un aumento dello 0,4 di Pil nel Nord, perché quell’investimento ha bisogno del supporto manifatturiero e di impresa del settentrione. È la cosa più sensata da fare: mentre genero sviluppo nel Mezzogiorno per riavvicinarlo all’Italia e all’Europa, contemporaneamente investo anche per il Nord. Questo è il messaggio che dovrebbe passare.

Rassegna Credi che il sindacato abbia qualche responsabilità rispetto alla situazione attuale del Sud?

Giove Non credo ci siano stati clamorosi errori da parte nostra. Forse è mancato un po’ di coraggio in più quando abbiamo assistito alla deindustrializzazione di queste aree del paese, provando sì a gestirne gli effetti, ma senza essere in grado di ribaltare il maistream dominante, e cioè che il Sud dovrebbe rinascere puntando tutto sul turismo e i servizi. Credo, invece, che se vuoi disinnescare la bomba o orologeria di un mercato del lavoro opprimente devi creare occupazione stabile e questo si può fare solo con investimenti industriali.

Rassegna Certo un’industria rispettosa dell’ambiente e delle grandi ricchezze del territorio...

Giove Ovviamente. Se avessimo infrastrutture adeguate, Industria 4.0 rappresenterebbe un’occasione incredibile per un modello di sviluppo non solo rispettoso dell’ambiente, ma altamente innovativo. Poi certo bisogna puntare sulla cultura, ma non solo e non tanto in riferimento al turismo, bensì pensando a grandi investimenti sull’istruzione a partire dall’infanzia e fino a quella terziaria. Insomma, ci sono tutte le potenzialità per poter mettere in campo un modello economico che tenga insieme cultura e produzione. Bisogna però abbandonare l’ideologia per cui il mercato risolve tutto da solo. Questo non è vero in generale ma, ancor di più, quando si parte da situazioni di arretratezza: in questi casi il mercato si sposta, semplicemente, su altri lidi. Concludo con un paradosso. In Emilia Romagna stiamo discutendo della copertura al 100 per cento della regione con banda larga e fibra. Quando questa accadrà, ciò aumenterà la distanza con una parte consistente dell’Italia: dialogheremo di più con l’Europa che con le regioni del Sud. C’è un’ideologia della separazione che è politica, ma poi anche una pratica economica della separazione che è nei fatti che si producono e che può essere persino più deleteria.