“Da quello che leggiamo nel disegno di legge delega abbiamo dei seri dubbi che questa riforma del mercato del lavoro possa migliorare la qualità e la stabilità degli impieghi. Così come il decreto Poletti si rischia, anzi, di aumentare la precarietà e soprattutto di fare un’operazione politica che in linea con quello che sta accadendo in altri paesi europei scarica ancora una volta sulla contingentazione dei salari e delle modifiche dei diritti del lavoro una strategia di uscita dalla crisi”. Così Serena Sorrentino, segretaria confederale della Cgil, intervenuta questa mattina su Radioarticolo1 (qui il podcast). Tra i punti della legge delega più controversi, per la Cgil c’è l’articolo che riguarda la revisione degli ammortizzatori sociali: “Abbiamo subito lanciato l’allarme – aggiunge la sindacalista – presentando anche degli emendamenti unitari. Pensiamo, tra le altre cose, che il fatto che non si prevede nessun istituto e nessuno strumento per le imprese sotto i 15 dipendenti rischia, con la scomparsa della deroga, di creare un grande problema sociale”.
 
Il problema della revisione degli ammortizzatori sta anche nel fatto che il governo ha annunciato che sarà una riforma a costo zero: “I risparmi sulla cassa integrazione ordinaria andranno a finanziare i contratti di solidarietà – dice Sorrentino –. E certo è positivo che sia stato introdotto un emendamento da parte del governo di rifinanziamento e di maggiore ricorso ai contratti di solidarietà espansivi. Rimane però il problema che se veramente si vuole estendere, a esempio l'Aspi, anche ai precari– da quello che leggiamo per adesso ci si limita ai collaboratori il che sicuramente è un primo segnale – solo questa misura vale circa un miliardo e mezzo, forse anche di più, che bisognerà trovare nella legge di stabilità. Ma da quello che leggiamo per adesso nelle previsioni di spesa aggiuntiva della legge di stabilità e di risparmi e tagli, il titolo rifinanziamento degli ammortizzatori sociali e dell’estensione a una platea un po' più ampia di quella oggi che copre l'Aspi non c'è”.

Altro tema centrale è quello delle politiche attive del lavoro: “Abbiamo un grande problema che è quello della ricollocazione dei lavoratori che fuoriescono dalla crisi e, soprattutto, del sostegno ai lavoratori discontinui; i lavoratori hanno bisogno di un grande processo di riqualificazione, di formazione, orientamento, bilancio delle competenze, presa in carico. E siccome si parla sempre di modello tedesco, vorrei ricordare che il nostro paese spende in tutto per le politiche attive circa 500 milioni di euro a fronte dei 5 miliardi che sono stati investiti in Germania e che nei nostri centri per l'impiego abbiamo in tutto circa 8600 persone, di cui 1.500 precari, mentre in Germania sono 110.000 i dipendenti pubblici che lavorano per l'agenzia del lavoro”.

Non si può naturalmente prescindere dall’altro grande elemento di discussione, che riguarda l’articolo 18 e rispetto al quale una minoranza del Pd ha presentato un emendamento che prevede questo diritto per i neo assunti dopo tre anni.
“La Cgil ha una sua idea su questo. – osserva Sorrentino – Noi pensiamo che la disciplina del licenziamento discriminatorio non può essere messa in discussione neanche in relazione al periodo che riguarda la tutele crescenti. Abbiamo anche dei dubbi sul licenziamento per motivi disciplinari. Per noi il lavoratore dovrebbe mantenere la doppia opzione tra il reintegro e l'indennizzo anche durante il periodo delle tutele crescenti”. Il punto delicato però è anche un altro, per la Cgil le 46 tipologie di lavoro esistenti e il decreto Poletti che liberalizza i contratti a termine per 36 mesi non rendono conveniente il ricorso al contratto a tutele crescenti: “Rischiamo insomma – chiosa la segretaria Cgil – di fare un'operazione che in realtà non fa pulizia nel mercato del lavoro e non riduce la precarietà”. E poi, ha concluso Sorrentino, “noi auspichiamo davvero che il Parlamento apra un dibattito che discuta di questo, che ci sia un confronto anche con le parti economiche e sociali. Se invece si dovesse procedere per decreto il sindacato certo non potrà stare fermo: c'è bisogno di una risposta all'altezza dell'attacco ai diritti e la Cgil, come ha dichiarato in queste ore, è pronta a farlo. Auspichiamo che questa risposta sia unitaria, ma se non dovesse esserci un percorso unitario la Cgil comunque andrà avanti da sola”.