Il Documento di economia e finanza varato dal governo ha deluso non poco i sindacati. “Il titolo del Def, quest'anno, potrebbe essere 'L'Italia purtroppo non è ripartita'. Perché dopo gli annunci mirabolanti su Pil e occupazione, il risultato finale è che c'è stata una certa tendenza al miglioramento nei primi mesi del 2015, ma poi l'economia si è subito ripiegata su se stessa. Quindi l'Italia non è ripartita”. E' quanto ha detto, ai microfoni di Italia parla, su RadioArticolo1, il segretario nazionale della Cgil Danilo Barbi

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La politica economica del governo, però, a giudizio di Barbi continua identica a se stessa. “E' il senso generale dei provvedimenti e delle ipotesi presentate nel Documento. Alla fine, dopo tante promesse, il risultato sull'occupazione è stato certificato. E stiamo parlando di 90 mila occupati in più, tra dipendenti e indipendenti. Un risultato drammaticamente insufficiente se si pensa che dall'inizio della crisi a oggi si sono registrati circa un milione e seicentomila disoccupati in più”.

A preoccupare, però, oltre ai dati dell'occupazione, ci sono quelli sull'inflazione che ha diffuso oggi (14 aprile) l'Istat: a marzo i prezzi sono saliti solo dello 0,2%, e ci sono nel  nostro paese ben 22 grandi città in deflazione. “La Cgil aveva avvertito il governo di questo rischio molto tempo fa - afferma ancora il segretario nazionale del sindacato di Corso d'Italia -. E vogliamo avvertirlo di nuovo adesso. Nel Def si annuncia che il 2016 chiuderà con una crescita dell'1,2%, dopo che nel 2015, dopo tanti anni negativi, c'era stato un +0,8. Ma non sarà così, ne siamo sicuri. E allora ripetiamo quello che abbiamo già detto sul Def dell'anno scorso e sulla legge di stabilità che abbiamo alle spalle: fate due errori fondamentali nella programmazione economica. La valutazione sulle esportazioni è sbagliata in eccesso, mentre la svalutazione dell'euro continuerà a creare un disordine economico mondiale. Quindi non c'è una ripresa netta a cui agganciarsi, mentre l'Europa non deve aggrapparsi a qualcun altro, ma deve contribuire alla ripresa mondiale”. 

Il governo quindi, pare perseverare nei suoi errori. “Nel testo - commenta Barbi - il governo afferma di voler aumentare un poco gli investimenti pubblici dentro la cosiddetta flessibilità. Ma stiamo parlando di pochi miliardi all'anno, mentre si mantiene un'ulteriore diminuzione della spesa pubblica”. Secondo il governo saranno i consumi privati a sostenere quel po' di crescita che c'è, ma, continua il sindacalista, “i consumi privati lo faranno molto meno di quanto il governo spera. Siamo in una situazione di sostanziale stagnazione. I consumi aumentano un poco, ma non sufficientemente per avere dei moltiplicatori della crescita e dell'occupazione. Quei 90.000 posti di lavoro in più del 2015 sono costati 15 miliardi allo Stato. Abbiamo speso 9 miliardi straordinari e 6 miliardi strutturali per ottenere pochi posti di lavoro”.

Una miseria, se confrontati con le cifre previste dal Piano del lavoro della Cgil. “Con 10 miliardi all'anno per 3 anni - ha concluso Barbi - si sarebbero prodotti circa 750.000 posti di lavoro in più. E sono i calcoli del Cer, non della Cgil. Il problema è che il governo non vuole fare scelte diverse, non vuole modificare in maniera sostanziale la sua politica economica. Il governo prevede nei prossimi anni una disoccupazione all'11%. Con la legge Fornero e il tasso di sostituzione della manodopera, questo significa una disoccupazione giovanile intorno al 40% per anni”.

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