Secondo i dati recentemente diffusi dall'istat, ventimila giovani under 30 sono emigrati dalla Puglia a partire dal 2008. Non solo: tra le prime cinquanta città di emigrazione, ben tredici sono pugliesi. "I dati elaborati dall’Istat sono spaventosi – commenta Pino Gesmundo, segretario generale della Cgil pugliese –. L’emigrazione giovanile rischia di portare a una desertificazione sociale che condannerebbe definitivamente questa regione, e la riflessione vale per l’intero Mezzogiorno. Se non si agisce in fretta, con investimenti pubblici, se non si torna indietro da una strada che attacca il lavoro e i diritti, se non si moltiplicano le iniziative di sostegno all’occupazione giovanile, gli effetti dell’estrema precarizzazione saranno questi”.

I dati sono allarmanti: Taranto è al terzo posto di questa classifica, con 3.643 giovani andati via, seguita da Bari sesta, a quota 2.971, e Foggia nona con 2.599 ragazzi emigrati. “Per cosa vanno via questi ragazzi lo sappiamo bene – aggiunge il sindacalista –. In primis per università di altre regioni che magari per investimenti, servizi e possibilità di lavoro offrono più garanzie. Si scappa poi dal poco lavoro che quando c’è è precario, insicuro, non permette di costruire progetti di vita. E quasi sempre presenta zone di grigio, con sottosalario e mancato rispetto di orari e diritti, se non proprio in nero".

Sono dati che dovrebbero allarmare il Governo nazionale:  "Perché insistere sull’attacco ai diritti, pensare che rendere più deboli i lavoratori avrebbe spinto le imprese a investimenti, ad assumere, sono ricette che si sono rivelate fallimentari", osserva Gesmundo. Che aggiunge: "Potrà aumentare di un punto percentuale l’occupazione, ma mentre perdiamo lavoro stabile guadagniamo stagionali, interinali, precari. E non sarà questo a frenare l’emigrazione giovanile, anzi la incentiva. Non sarà questo a garantire la ripresa economica o dei consumi, perché si è all’assurdo che è povero anche chi lavora”.

Altre sono dunque le ricette necessarie: servono investimenti che favoriscano la qualità del lavoro, che garantiscano nuova occupazione. "Occorre mettere sempre più in connessione percorsi di specializzazione con quelle figure innovative che le aziende richiedono al mercato del lavoro. Fino ad oggi la massa di finanziamenti pubblici è servita alle imprese più per tenere nella fase di crisi che per estendere attività. Ma che futuro possono avere queste stesse aziende senza i giovani?", si domanda il numero uno della Cgil pugliese. 

E invece, "il tema dei giovani deve essere centrale. Per la Cgil e per la Cgil Puglia lo è, e a settembre partiremo con una campagna di informazione affinché chi svolge lavoro subordinato, parasubordinato o celato da collaborazione sia in grado di conoscere i propri diritti, affrancarsi da sfruttamento e violazioni. Uno su tutti, un tema rimosso, è quello relativo al diritto alla pensione: se i contributi dei nuovi lavori ultra precari rimarranno a questi livelli, non solo i giovani non avranno garantito alcun sostegno in vecchiaia ma si rischia di far saltare la cassa previdenziale per chi il diritto all’assegno pensionistico l’ha già maturato”.

Senza un radicale mutamento delle politiche sul lavoro, avverte la Cgil, “rischiamo di mandare verso il default del paese. Noi non siamo mai stati in silenzio rispetto a questi rischi e impediremo che si possa procedere ancora su una strada rovinosa. La battaglia per un nuovo statuto dei lavoratori, la proposta di un piano per il lavoro, le proposte per il Mezzogiorno della Cgil nazionale e la piattaforma regionale da noi elaborata sono gli strumenti che proponiamo per un confronto concreto. Cominceremo a discuterne da Lecce, dalle Giornate del Lavoro, dove grande attenzione e iniziative saranno dedicate proprio al Mezzogiorno e ai giovani”.

Infine l’appello alla Regione Puglia. “Nell’assegnazione dei fondi strutturali la Regione, grazie anche all’indirizzo voluto dal partenariato sociale, ha orientato i finanziamenti verso l’innovazione e la creazione di occupazione. È un buon segnale. Così come sta producendo risultati l’iniziativa Pin dell’assessorato alle Politiche giovanili. Crediamo sia necessario un tavolo interassessoriale che assieme alle parti sociali affronti la drammatica emergenza giovanile e la necessità di utilizzare tutti gli strumenti possibili per creare occupazione stabile e di qualità. Sia guardando alle politiche industriali, che a quelle formative o alle occasioni di autoimprenditorialità".

"Tutto per restituire una speranza, una prospettiva ai nostri giovani – conclude Gesmundo -, provando a frenare questo non sostenibile flusso migratorio verso altre regioni o paesi europei”.