Riportiamo il profilo di Giovanni Falcone pubblicato oggi sul sito del ministero per la Pubblica amministrazione e l'Innovazione nell'ambito dell'iniziativa sui migliori 150 servitori dello Stato (vedi sotto).

Giovanni Falcone nasce a Palermo il 20 maggio 1939. Laureatosi in Giurisprudenza nell'Università del capoluogo siciliano, entra in magistratura nel 1964. Dopo un breve periodo alla pretura di Lentini, nel 1966 viene nominato sostituto procuratore presso il Tribunale di Trapani. Alla fine del 1978 si trasferisce al Tribunale di Palermo, prima alla sezione fallimentare e poi all'Ufficio istruzione guidato dal consigliere istruttore Rocco Chinnici.

Due anni dopo avvia l'inchiesta sul clan mafioso Spatola-Inzerillo e le sue indagini, ampliate ai settori patrimoniali e bancari così come ai rapporti tra le organizzazioni criminali italiane e statunitensi, delineano un quadro piuttosto articolato di "Cosa Nostra".

Insieme ai colleghi Paolo Borsellino, Giuseppe Di Lello e Leonardo Guarnotta entra a far parte del pool antimafia creato da Antonino Caponnetto, nuovo capo dell'Ufficio istruzione di Palermo dopo l'assassinio di Chinnici (luglio 1983). I numerosi arresti e la collaborazione dei pentiti permettono al pool di magistrati di istruire un maxiprocesso a "Cosa nostra", celebrato nell'aula bunker dell'Ucciardone di Palermo dal febbraio 1986 al dicembre 1987.

La sua attività di inquirente si rivela fondamentale, soprattutto grazie al peculiare rapporto di fiducia che riesce a instaurare con il boss pentito Tommaso Buscetta. Con il suo interrogatorio (iniziato a Roma nel luglio 1984) riesce infatti ad acquisire elementi preziosi e inediti di conoscenza sulla struttura e sulla mentalità dell'organizzazione mafiosa. All'indomani della richiesta di trasferimento di Caponnetto, avanza la sua candidatura alla guida dell'Ufficio istruzione.

Tuttavia, il 19 gennaio 1988 il Consiglio Superiore della Magistratura gli preferisce Antonino Meli, basandosi sul criterio dell'anzianità di servizio. La nomina di quest'ultimo e l'apertura di un'inchiesta del CSM in seguito all'intervento di Borsellino - che ha denunciato pubblicamente il rischio di disperdere, con la scelta del nuovo consigliere, il lavoro realizzato dal pool - lo spingono così a chiedere di essere trasferito in un altro ufficio. In una lettera inviata al Consiglio Superiore della Magistratura, sostiene infatti che quanto sta avvenendo non può essere ridotto a un banale contrasto tra colleghi e che la sua decisione è opportuna in quanto i suoi convincimenti sui criteri di gestione delle istruttorie divergono radicalmente da quelle del nuovo consigliere istruttore. Il Consiglio Superiore della Magistratura rifiuta però la sua richiesta.

In questo periodo viene anche fatto oggetto di una campagna di diffamazione e delegittimazione del suo lavoro, non di rado alimentata da una serie di lettere anonime. Diventano quindi sempre più evidenti il suo isolamento e l'indebolimento della sua battaglia contro un metodo di lotta alla mafia che vede le singole manifestazioni criminose disancorate dalla considerazione unitaria del fenomeno mafioso. Di lì a poco gli viene preclusa anche la strada per la nomina ad Alto commissario per la lotta alla mafia.

Nei giorni immediatamente successivi al fallito attentato del 20 giugno 1989 è nominato procuratore aggiunto presso la Procura della Repubblica di Palermo, allora guidata dal procuratore Piero Giammanco. Nel 1990 si candida, senza essere eletto, nelle liste "Movimento per la giustizia" e "Proposta 88" alle elezioni dei membri togati del CSM. Intanto, fattisi più aspri i dissensi col procuratore Giammanco sulla conduzione delle inchieste, accoglie l'invito del ministro della Giustizia Claudio Martelli di dirigere la sezione Affari penali del Ministero di via Arenula.

Grazie al nuovo incarico, ricoperto a partire dal marzo 1991, riesce a portare a termine l'istituzione delle Direzioni distrettuali antimafia e della Direzione nazionale antimafia (diretta da un Procuratore nazionale nominato dal Consiglio Superiore della Magistratura). La sua candidatura a questo nuovo incarico direttivo viene criticata e ostacolata da più parti, anche all'interno della stessa magistratura.

Tuttavia il CSM non ha ancora assunto una decisione definitiva sulla nomina quando alle ore 17,58 del 23 maggio 1992 una carica di cinque quintali di tritolo posizionata in una galleria scavata sotto la sede stradale nei pressi dello svincolo di Capaci-Isola delle Femmine (presso il Km. 5 della A29) e azionata a distanza per telecomando, provoca la sua morte nonché quella della moglie Francesca Morvillo e degli agenti della scorta (Rocco Di Cillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani).

L'INIZIATIVA
L'iniziativa del Ministero ricorda, in occasione del centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia, i migliori 150 servitori dello Stato. Uomini e donne che nel corso della storia unitaria del nostro Paese hanno dedicato la propria vita al servizio della collettività in tutti i rami della pubblica amministrazione: a livello centrale e a livello locale, nei ministeri e negli Enti, nelle varie articolazioni della magistratura e delle forze dell'ordine, nelle aule scolastiche e universitarie, nelle strutture sanitarie, nei musei e nelle istituzioni culturali.

La sintesi della biografia di Falcone è tratta da un libro curato dal professor Guido Melis, massima autorità in materia di storia della Pubblica Amministrazione italiana, che si è avvalso di un nutrito gruppo di studiosi, della documentazione inviata dai Ministeri e del contributo volontario di funzionari e dirigenti di varie amministrazioni. Il volume è stato presentato nell'ambito del ForumPA e verrà distribuito al pubblico nel corso della mostra "La Macchina dello Stato" che si aprirà presso l'Archivio Centrale dello Stato.