Ci sono immagini che si imprimono nella memoria tanto che è impossibile separarle dall’evento che rappresentano. Come le foto di Robert Capa che documentano la guerra di Spagna (il miliziano colpito a morte è la più famosa), le immagini di “Fat man” la bomba atomica lanciata su Nagasaki nel 1946… Inevitabilmente quando nel 2006 la Cgil ha celebrato il suo centenario la foto che ritrae la sala della Camera del lavoro di Milano, dove si riunirono i rappresentanti dei sindacati dal 29 settembre al 1 ottobre del 1906 per dar vita alla Cgl, è riemersa dagli archivi per dare un volto ai padri della confederazione e la testimonianza dell’evento.

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L’obiettivo è in alto, su un ballatoio che gira intorno alla grande sala gremita di persone, tutte rivolte al fotografo, quasi a segnare la consapevolezza di ognuno del valore della decisione che stavano prendendo. Sono nella stragrande maggioranza uomini che riempiono uno spazio scandito da sottili colonne di ghisa, secondo lo stile liberty in gran voga a quel tempo. Su una grande trave è inciso l’appello di Marx: proletari di tutto il mondo unitevi.

Una foto d’epoca, ma come spesso accade per documenti così significativi sorge, se non la necessità, la curiosità di provare che davvero l’immagine si riferisce all’evento celebrato. Il problema è che nell’archivio della Cgil nazionale foto e negativo non ci sono.

E’ un libro recentemente dato alle stampe a dissipare ogni dubbio: “Caro papà Di Vittorio…” Lettere al segretario generale della Cgil, curato da Myriam Bergamaschi (Editore: Guerini e Associati). Il volume è diviso in due parti, la prima, la più consistente, raccoglie le lettere inviate al segretario della Cgil da militanti e gente comune, la seconda riporta la corrispondenza tra Di Vittorio e Rinaldo Rigola, primo segretario della Cgl, e con Giuseppe Giulietti segretario del sindacato dei marittimi.

Come testimonia il pregevole saggio introduttivo della Bergamaschi si tratta di uno spaccato dell’Italia del dopoguerra, soprattutto del Sud, visto con gli occhi delle vedove o dei figli dei militanti uccisi negli scontri con la polizia o incarcerati ma anche di pensionati, disoccupati, braccianti, militari, carabinieri… E giustamente l’autrice fa emergere al di là del mito del grande sindacalista, eroe e per qualcuno perfino santo popolare, la funzione di un rapporto diretto tra il dirigente sindacale e la gente che svela la concezione che Di Vittorio aveva del sindacato come organismo capace di suscitare partecipazione e solidarietà in una visione unitaria, plurale e autonoma del sindacato stesso.

E’ in questa chiave che Di Vittorio stabilisce, anzi ristabilisce, un rapporto con Rinaldo Rigola che con l’avvento del fascismo si era profondamente incrinato e interrotto. La vicenda è nota: nel 1927 Rigola con D’Aragona decidono lo scioglimento della Cgl e insieme promuovono un Associazione nazionale di studi per i problemi del lavoro con l’obiettivo di non chiudere l’esperienza sindacale nel nascente regime ma allo stesso tempo fornendogli una sorta di legittimazione. Per questo sarà duramente criticato dai sindacalisti che scelsero l’esilio con Bruno Buozzi e da chi non rinuncerà alla presenza clandestina della Cgl con Di Vittorio.

Pluralismo e solidarietà sono i caratteri distintivi della concezione che Di Vittorio ha del movimento sindacale e forse non si è ragionato abbastanza su come essi si contrappongano a quell’idea di militanza - allora dominante - che il termine stesso riferisce al contesto militare, a un ordine gerarchico e dogmatico che pure si celava dietro la concezione del sindacato e del partito degli operai.

C’è la mano di Di Vittorio nella lettera inviata nel 1953 in occasione degli 85 anni di Rigola: “Caro compagno Rigola…Vi è stato un periodo della storia del nostro movimento in cui il tuo atteggiamento è stato in profondo contrasto con quello nostro. Ma questi dissensi e questi contrasti non possono diminuire i sentimenti di gratitudine che i lavoratori italiani nutrono per te, per il grande contributo che hai portato al sorgere e alle prime affermazioni del movimento sindacale italiano. La nostra assoluta fedeltà al principio dell’unità sindacale…presuppone il riconoscimento della piena legittimità della differenza d’opinioni in seno ai sindacati….Noi salutiamo te, oltre che il primo segretario della Confederazione Generale del Lavoro, l’operaio autodidatta che, con propri sacrifici, ha saputo raggiungere alte vette della cultura; l’uomo che ha saputo affrontare con grande dignità e serenità le più grandi sventure…”.

IL 13 gennaio del 1953 lo stesso Di Vittorio scrive alla figlia di Rigola (non vedente già dal periodo della sua segreteria) per annunciargli la pubblicazione sul giornale della Cgl di un servizio speciale per gli 85 anni del padre: “ …vorrei pregarla di inviarci alcune fotografie di Suo papà; per esempio: una fotografia dell’epoca in cui fu costituita la Confederazione e un’altra recente… Graditissima sarebbe anche una fotografia del Primo Congresso costitutivo della Confederazione del Lavoro…”.
Temide Glucksmann Rigola risponde il 15 gennaio: “…Nel pacco unirò le note biografiche, almeno uno scritto apparso nei primi anni sul giornale confederale, le fotografie di papà…quella del congresso costitutivo della Confederazione…”.

Il 26 gennaio Di Vittorio risponde a Temide: “…Ho ricevuto le sue lettere e il materiale che Le avevo chiesto…Il prossimo numero del settimanale Lavoro sarà in parte dedicato al primo segretario Generale della Confederazione Generale del Lavoro utilizzando il materiale che mi ha inviato…”.

A novembre del 1953 Rigola è colpito da un grave malore, muore a febbraio del 1954. Il 4 novembre del 1956 un inserto del settimanale “Lavoro” è dedicato al cinquantenario della Cgl la foto del congresso di Milano occupa a piena pagina la copertina. Una didascalia avverte: “…La foto che abbraccia le pagine 9 e 24 è l’unico documento fotografico rimasto del Congresso costitutivo della Cgil”.