Ancora un altro ostacolo sul percorso di rilancio delle acciaierie Lucchini di Piombino. Dopo i vari stop, dietrofront e delusioni dei mesi scorsi, quando i primi entusiasmi e l’enfasi intorno all’acquisto degli stabilimenti da parte dell’algerina Cevital si sono scontrati con una realtà più complessa, un macigno ancora più pesante si è abbattuto sulla città in crisi. A scagliarlo lo stesso Issad Rebrab, presidente di Cevital. “Vogliono arrestarmi per farmi tacere”, dice all’agenzia Tsa (Tous sur l’Algérie), accusando direttamente il governo algerino di volergli tappare la bocca.

Giorni fa il ministro Abdesslam Bouchouareb aveva accusato Rebrab di aver truffato lo Stato attraverso l’acquisizione della francese Brandt, trasferendo illegalmente valuta estera per acquistare a costi gonfiati macchinari usati per lo stabilimento di Setif. Dal Canada, Rebrab lo aveva sfidato, invitando i giornalisti a visitare gli stabilimenti ultramoderni di Setif e sostenendo che da quelli della Brandt non era stato portato via nulla. Ma alcuni giorni fa, dal Brasile, Rebrab ha rincarato la dose, accusando il governo algerino di volerlo arrestare.

Che i rapporti tra Rebrab e il governo algerino siano tesi è cosa nota ormai da tempo. L’uomo più ricco del suo Paese, l’ottavo in Africa, non ha mai avuto buoni rapporti col presidente Abdelaziz Bouteflika, in carica dal 1999. Una situazione complicata dai clan e da un’impostazione molto statalista dell’economia nazionale, che hanno portato negli anni il governo a bloccare numerosi progetti a Cevital. Faccenda nebulosa, su cui le parti in causa hanno promesso di fare chiarezza, ma che getta una luce negativa sulla figura del patron di Cevital, minando in parte la sua credibilità e rallentando ancora la ripartenza degli impianti piombinesi.

Intanto Farid Tidjani, amministratore delegato di Aferpi, società creata per la gestione delle acciaierie, durante l'incontro al Mise dello scorso 8 ottobre ha dato tempi precisi: fine novembre per l’avvio delle demolizioni della vecchia acciaieria, prime settimane di dicembre per l’ordine del forno elettrico. Non solo: al vertice al ministero si è parlato anche delle bonifiche, in particolare per la messa in sicurezza della falda acquifera: si sta perfezionando la convenzione con la Regione che consentirà a Invitalia di dare inizio alle attività previste con i 50 milioni stanziati dal ministero dell’Ambiente.

Circa la questione dei costi energetici la Regione ha chiesto che si arrivi presto a una decisione definitiva in attuazione dell’Accordo di programma, che prevede di garantire l’energia a prezzi più bassi rispetto agli attuali, e in linea con quelli che pagano le altre realtà siderurgiche italiane ed europee. Dichiarazioni che però non hanno convinto lavoratori e sindacati. “Finora abbiamo saputo che per realizzare gli investimenti ci vorranno 4-5 anni. Abbiamo saputo che lo stabilimento è stato regalato, che c’è un grosso problema per l’energia, che nessun passo avanti è stato fatto per le bonifiche e per i forni elettrici. Abbiamo saputo che il nuovo direttore generale Adriano Zambon si è dimesso, che non c’è ancora nulla sul fronte agroindustriale”, hanno affermato con una sola voce i lavoratori nel corso dell’assemblea di fabbrica che si è tenuta il giorno dopo l’incontro al Mise tra sindacati, Aferpi e istituzioni.

Come se ciò non bastasse, fanno sapere le maestranze, Issad Rebrab ha seri problemi in Algeria, cosa che mette in dubbio la disponibilità a trasferire denaro in Italia. “E noi? Come possiamo restare 4 o 5 anni in cassa integrazione? Noi chiediamo un piano straordinario di sostegno economico. E vogliamo dare un ultimatum all’azienda, ma anche alle istituzioni: se i tempi non saranno rispettati nemmeno questa volta, vorrà dire che Cevital non fa per Piombino e il governo dovrà intervenire”.

I lavoratori delle acciaierie sono sempre più stremati dall’attesa. Poco più della metà degli operai sono rientrati a lavoro, mentre per altri 1.080 è scattata la cig, con compensi che variano tra gli 800 e i 1.000 euro. Troppo poco per le molte famiglie monoreddito che vanno avanti così ormai da anni. Per non parlare dei lavoratori dell’indotto, la cui posizione è ancora più incerta e precaria, con cassa integrazione in scadenza e con ancora più incertezza sul ritorno a lavoro. Così, qualche settimana fa si è svolta la prima iniziativa di protesta, il “camping dei cassaintegrati”, che ha rotto il silenzio che finora ha coperto i ritardi rispetto agli investimenti e ai problemi di sicurezza rilevati nello stabilimento, portando le organizzazioni sindacali a proclamare la prima ora di sciopero dell’era Aferpi.

Il campeggio di fronte alla fabbrica è durato 5 giorni e ha visto la partecipazione di molti lavoratori accampati e la solidarietà della cittadinanza e delle istituzioni. Segno evidente della stanchezza e della frustrazione di un intero territorio e soprattutto dei lavoratori, arrivati addirittura a lanciare quell’ultimatum di cui sopra, a cui fanno seguito le parole di Mauro Faticanti, responsabile nazionale Fiom per la siderurgia: “Ora abbiamo delle date, la prossima settimana ci incontreremo con le Rsu e le segreterie provinciali per parlare dei carichi d’ordine e capire quanti entrano. Ora, non a dicembre. Se arriveranno risposte negative, sarà mobilitazione. Qualsiasi iniziativa però dovrà riuscire. Se fai uno sciopero con il 23 per cento delle adesioni, hai perso subito. Cevital deve capire che la luna di miele, se mai c’è stata, è finita. Oggi vogliamo vedere rientrare i lavoratori. Vogliamo vedere le ruspe buttare giù i capannoni. Vogliamo fatti”.