“Il bilancio europeo è da anni attestato su un livello inadeguato per quelle che sono le sfide e soprattutto per il ruolo dell'Unione europea. Ormai da vent’anni si attesta all'1% del reddito nazionale dei 27 Stati membri. E diciamolo francamente: nel futuro si potrà avere un bilancio significativo solo con un radicale cambiamento istituzionale dell'Europa, ossia più federalista, come molti di noi chiedono. Sino ad allora saremo costretti a giocare su decimali che non spostano molto”. A dirlo è Stefano Palmieri, presidente della sezione economica del Comitato economico e sociale europeo (Cese), intervistato da RadioArticolo1 per commentare il bilancio presentato nei giorni scorsi dalla Commissione presieduta da Jean Claude Junker.

Scendendo nei dettagli, per l’economista è particolarmente preoccupante il taglio del 5% alle politiche di coesione sociale. “La crisi – spiega Palmieri – ha generato una frattura economica, sociale e territoriale evidenziata da qualunque indicatore economico e sociale si consideri. Una vera e propria faglia tra i Paesi del mezzogiorno e quelli continentali, tra le regioni dell'est europeo e le regioni occidentali. Quindi chiaramente questo è un bilancio che non risponde alle esigenze dei cittadini, i quali sono stati destabilizzati fortemente dalla crisi degli ultimi anni e chiedono risposte a un'Europa che purtroppo tarda a fornirle”.

Pesa la contraddizione con l'articolo 2 del Trattato di Lisbona. “Credo sia la pietra angolare sulla quale reggere l'Unione Europea – osserva –, è l'articolo dove si dice che l'Ue promuove lo sviluppo sostenibile, la crescita economica equilibrata o l'economia sociale di mercato, che mira alla piena occupazione combattendo l'esclusione sociale, la discriminazione e favorendo la coesione economica, sociale e territoriale; su queste priorità l'Unione Europea dovrebbe fissare i suoi programmi di intervento. E invece è proprio questo che viene a mancare nell'ambito di questo quadro finanziario pluriennale”.

Lo scorso aprile una delegazione di Cgil, Cisl e Uil è andata in Europa e ha avuto molti incontri (Cese, parlamentari europei, ambasciatore italiano in Europa) per presentare un documento unitario con all'interno alcune indicazioni. “Abbiamo chiesto, tra le altre cose, di mantenere la spesa attuale in merito alle politiche di coesione, invece come abbiamo visto c’è stato un taglio del 5%”, spiega Ornella Cilona del dipartimento politiche di sviluppo Cgil: “Anche se ci sono alcuni aspetti positivi nella proposta della Commissione europea, per esempio la tassa sulla quantità di plastica non riciclabile o anche su uno dei due fondi che sono stati proposti, quello per la stabilizzazione degli investimenti pubblici, ci sono troppi segnali in direzione contraria”, conclude la sindacalista.