"Bisogna chiedere al Parlamento di insistere: vada avanti con la sua proposta" per estendere la tutela degli esodati. Così il segretario generale della Cgil Susanna Camusso al presidio dei sindacati davanti a Montecitorio dove sono all'esame le nuove norme sugli esodati. La dirigente di Corso Italia ha ribadito che è necessaria una "norma generale per mantenere le condizioni pensionistiche precedenti, trovando le risorse di anno in anno. Se vogliono qualche idea su dove trovarle, facciano la patrimoniale".

Dopo il sit-in in piazza Montecitorio è in programma un incontro tra le organizzazioni sindacali e i gruppi parlamentari in attesa della relazione della Ragioneria generale dello Stato che dovrebbe fare un po' più di chiarezza. Ma la soluzione va trovata subito, anche in considerazione degli impegni parlamentari per la sessione di bilancio che scatteranno dalla settimana prossima.

Niente palco né comizi, nel presidio di Montecitorio. I segretari generali di Cgil e Cisl (con Bonanni che ha ricevuto più di qualche fischio, riferisce l'agenzia Tmnews) hanno parlato coi lavoratori i quali hanno raccontato tante situazioni al limite. L'obiettivo è difendere il disegno di legge già approvato dalla commissione Lavoro che consentirebbe di andare in pensione prima dei 60 anni d'età con 35 anni di contributi entro il 2017, data entro la quale trovare le coperture finanziarie stimate in circa 5 miliardi. Ma il ddl si è arenato dopo l'altolà del governo proprio per mancanza di risorse.

Eppure un intervento correttivo è indispensabile, perché i due decreti già approvati dall'esecutivo non bastano. Il primo ha "salvaguardato" 65mila persone che avevano fatto accordi al ministero del Lavoro e nelle direzioni provinciali fino al 31 dicembre dell'anno scorso, ma è stato fatto sulla base delle risorse senza includere perciò tutti coloro che erano coinvolti; il secondo decreto è invece più restrittivo: "salva" solo 55mila lavoratori che hanno firmato accordi al ministero del Lavoro, escludendo quelli raggiunti nelle sedi distaccate.

E il cavillo si abbatte sulla vita personale. Lo racconta ai microfoni di RadioArticolo1 Domenico Mainolfi, capoarea della Glaxo: "Non sono rientrato tra primi salvaguardati perché non ero in effettiva mobilità al 31 dicembre del 2012; non rientro tra gli altri 55mila perché il mio accordo non è stato firmato in sede governativa, ma in quella provinciale a Verona. Ma io mi chiedo, come fa Fornero a non sapere che esistono questi accordi?Adesso, finita la mobilità, dovrò aspettare quattro anni senza stipendio e senza pensione".

Vite in bilico, quelle raccontate da chi è giunto nella capitale per far sentire la propria voce. Un'altra storia di cavilli è quella di Livia Zigrino, una lavoratrice di Milano: ha versato contributi volontari per pochi mesi e ora, per avere lavorato così poco, non può rientrare nella salvaguardia: "Sono stata colpevolizzata da una norma retroattiva: mi hanno detto dopo quello che non dovevo fare prima".

In piazza diverse centinaia di persone, ognuno dei quali è finito nel limbo in un modo diverso dagli altri. Racconta Claudio Crozzi, geometra e capocantiere a Milano: "Ho lavorato fino al 2009 per un'azienda edile che è fallita, ero in mobilità, ora sono senza reddito". Poi ci sono i lavoratori Atitech, quelli dell'Enel e delle Poste e altri ancora. Secondo le stime dell'Inps la platea totale è di 390mila persone. "E molti di loro - dice con amarezza una lavoratrice del settore alberghiero giunta da Milano - neppure sanno di essere finiti in questo limbo, lo scopriranno solo quando riceveranno le lettere dell'Inps". (m.m.)