Il 2 gennaio potrebbero partire i licenziamenti collettivi. A rischio ci sono 550 posti di lavoro. Neanche l’incontro del 13 dicembre presso il ministero dello Sviluppo economico è riuscito a diradare le nubi che da fine ottobre si sono addensate sullo stabilimento Embraco di Riva di Chieri (Torino), dove si producono compressori per frigoriferi. Il problema nella sua assurdità è semplice: con i livelli di produzione comunicati per il 2018, a fine anno i contratti di solidarietà non sono più attivabili e se l’azienda non presenta un piano industriale credibile la cassa integrazione straordinaria non si può richiedere. “Anche all’incontro al Mise – spiega Rino Lamendola, della segreteria torinese della Fiom – i rappresentanti della multinazionale brasiliana si sono presentati a mani vuote. Riferiscono che Embraco non ha assunto decisioni, ma questo vuol dire che una decisione è stata presa: cessare la produzione nel polo produttivo italiano”.

Una volontà che nel corso di una trattativa iniziata il 26 ottobre ha trovato riscontro anche in una serie di indizi: prima la disdetta unilaterale dei contratti aziendali (20 novembre), poi, il 12 dicembre, la denuncia al tribunale di Torino delle organizzazioni sindacali e dei lavoratori che dal 2 novembre picchettano i cancelli dell’impianto. Azioni che Embraco ha compiuto sempre il giorno prima della ripresa della trattativa che dovrebbe assicurare un futuro occupazionale e produttivo alla struttura. Provocazioni per alcuni, prove di un disinteresse concreto per altri, certamente non il modo migliore per iniziare un confronto. In mezzo, la vita di oltre 500 famiglie che si apprestano a vivere un Natale davvero difficile. “La nostra volontà – prosegue Lamendola – è semplice: continuare a fare ciò che sappiamo fare. Di questo vorremmo discutere con l’azienda. Ma se non c’è la loro disponibilità, chiediamo un confronto con la casa madre Whirlpool, unico soggetto a oggi in grado di rilanciare l’azienda”.

Un passato glorioso, quello della ex Aspera. La fabbrica, nata negli anni settanta, era di proprietà del gruppo Fiat. Quando casa Agnelli produceva anche i frigoriferi, si era assicurata su licenza americana la realizzazione di una parte della componentistica più rilevante. Poi, nel 1985, il passaggio alla multinazionale americana Whirlpool che, sul finire degli anni novanta, ha spinto l’impianto al pieno della sua capacità produttiva, impiegando 2 mila e 500 lavoratori e producendo 4,5 milioni di compressori l’anno. Nel 2000 una riorganizzazione aziendale, l’ultimo passaggio di proprietà e l’inizio di un lento declino. Con i lavoratori che, a oggi, producono 2,5 milioni di pezzi. Il minimo per rendere efficiente la produzione. Un’asticella che tuttavia verrà ancora abbassata, almeno stando alla comunicazione di ottobre, secondo la quale la produzione nel 2018 si attesterà a un milione di pezzi.

“Embraco – ricorda ancora Lamendola – ha sostanzialmente svuotato l’azienda della sua ricchezza. Gran parte dei brevetti e dei prodotti innovativi concepiti qui sono stati realizzati altrove. E anche oggi la multinazionale brasiliana vorrebbe proseguire lungo questa strada. Il centro ricerche interno alla fabbrica ha messo a punto un compressore di nuova generazione a elevata efficienza energetica e in linea con le più recenti normative europee. Un prodotto concepito per frigoriferi di medie dimensioni, quelli che oggi sono più richiesti sul mercato. Potrebbe essere un buon modo per rilanciare la produzione, ma la proprietà non sembra essere più interessata al polo del Chierese”.

La multinazionale, insomma, sembra abbia deciso di sacrificare sull’altare della competizione globale i lavoratori italiani, concentrando di fatto tutta la propria produzione in Cina, Brasile e Slovacchia e facendo di questo impianto – l’ennesimo pezzo di patrimonio industriale che il Piemonte rischia di perdere – un altro drammatico simbolo dell’economia internazionale dello scarto.