Il decreto lavoro del ministro Poletti continua a non convincere la Cgil. “C'è una nostra sostanziale non condivisione e c’è scetticismo sulla linea che il governo ha intrapreso”, ha detto oggi il segretario confederale Serena Sorrentino ai microfoni di RadioArticolo1 (qui il podcast). “Se analizziamo il tema emergenza – spiega la dirigente sindacale - che potremmo racchiudere sotto il titolo ammortizzatori sociali, esodati e risoluzione delle vertenze, non abbiamo adeguate risposte. Ciò che noi chiedevamo era un piano straordinario per l'occupazione, invece il decreto Poletti interviene solo ed esclusivamente sulle regole del mercato del lavoro, peggiorando i contratti”.

“Mancano le risposte necessarie” a quanto chiesto dalla Cgil, ricorda Sorrentino, ossia, “un disegno più complessivo, riformatore, che possa anche da un lato limitare la precarietà e dall'altro costruire un sistema di politiche attive nella delega”. “In generale il giudizio sui provvedimenti che il governo sta mettendo in campo sul lavoro per noi è insufficiente”.

Per quanto riguarda gli emendamenti al dl approvati in Commissione, “c'è un passo indietro sull'apprendistato – spiega Sorrentino -, ritorna l'obbligo di avere la forma scritta del piano formativo per gli apprendisti, ritornano gli obblighi sulla formazione trasversale, c'è un recupero parziale sulla norma della stabilizzazione degli apprendisti che per noi è insufficiente perché, come sarebbe riformulata, dovrebbe prevedere la conferma del 20% degli apprendisti per le imprese che hanno al di sopra di 30 dipendenti. Quindi sull'apprendistato abbiamo avuto, se gli emendamenti dovessero essere approvati, dei parziali miglioramenti. Cosa non ci convince di quello che rimane sull'apprendistato è il fatto che le ore di formazione verrebbero comunque retribuite al 35% degli apprendisti e questo, dal nostro punto di vista, è un peggioramento rispetto alle condizioni attuali, in più noi vorremmo qualche obbligo legale in più sulle percentuali di conferma in ragione del fatto che è vero che nei contratti le percentuali sono un po' più alte, ma è vero anche che non avendo l'obbligo di legge noi non avremmo nessuna penalizzazione nel caso in cui non si rispetta la norma sulla stabilizzazione”.

“Ciò che invece proprio non va - prosegue Sorrentino - e continua a essere un elemento destrutturante, sono gli emendamenti che riguardano i contratti a termine, perché è vero che si è ridotto il numero delle proroghe ammissibili nell'arco dei 36 mesi, passiamo da 8 a 5, ma è vero che 5 sono un numero molto elevato” e “rimane la acausalità per tutto l'arco dei 36 mesi e, sostanzialmente, un contratto a termine fatto in questo modo, senza nessun vincolo rispetto alle motivazioni oggettive che determinano prorogabilità e rinnovi dei contratti a termine è di fatto comunque in ogni caso una liberalizzazione e un indebolimento dei diritti dei lavoratori per quanto riguarda i contratti a termine”.