Le risorse stanziate dal governo per il decreto Enti locali (50/2017) sono ancora insufficienti. A dirlo sono Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl, rimarcando che “gli emendamenti approvati alla Camera, che rideterminano il contributo per il finanziamento delle funzioni fondamentali delle Province e delle Città metropolitane, aumentandolo fino a 180 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018 (in luogo di 110 milioni per il 2017 e di 80 per il 2018), pur rappresentando una prima timida risposta, non forniscono le risposte attese e necessarie vista l’esiguità delle risorse stanziate”.

Il decreto, inoltre, conferma l'importo di 80 milioni a decorrere dal 2019, mentre viene incrementato da 100 a 170 milioni di euro per il 2017 il contributo a favore delle Province per l'attività di manutenzione straordinaria della rete viaria di competenza di Province e Regioni. “Ma ciò non basta” spiegano i sindacati: “Lo squilibrio finanziario che caratterizza le Province e le Città metropolitane, a causa dei pesanti tagli imposti negli ultimi anni, è assai rilevante”.

La società Sose, sulla base dei fabbisogni standard, ha calcolato tale squilibrio in 650 milioni di euro per il solo 2017. “Rimane quindi – scrivono Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl – una differenza ancora sostanziale per colmare il gap esistente tra risorse realmente stanziate e reali necessità per garantire servizi efficienti, funzionalità degli enti, manutenzione delle strade, sicurezza dei cittadini e degli edifici pubblici scolastici, così come l’erogazione degli stipendi ai dipendenti”. Una “situazione, inoltre, che si “aggrava ulteriormente per gli enti in dissesto e pre-dissesto”.

Alla luce del risultato referendario e dell’articolo 119 della Costituzione italiana, concludono i sindacati, le Province e le Città metropolitane “sono enti tuttora esistenti, quindi devono continuare a essere messe in condizioni di espletare le funzioni che le sono state assegnate”. Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl, dunque, seppur “consapevoli che l’azione di mobilitazione e pressione sulle istituzioni e sul Parlamento hanno prodotto dei primi effetti”, promettono di continuare “con le iniziative di mobilitazione al livello nazionale per modificare il decreto prima della sua conversione al Senato”.