Nell’autunno 1962 Lavoro cessa le pubblicazioni. Diventa allora evidente al gruppo dirigente confederale che una Rassegna mensile non può più essere sufficiente. Così, il Comitato esecutivo Cgil del 13 ottobre 1962 delibera formalmente la chiusura del settimanale e simultaneamente decide di far tornare Rassegna Sindacale (che passa alla “S” maiuscola) alla periodicità quindicinale, con un formato editoriale più grande (il primo numero del 1962).

La decisione assunta di un rinnovamento grafico importante comprende sia il cambiamento del formato che della tipografia: il quindicinale sarà stampato alla Uesisa, la celebre tipografia di via IV novembre a Roma dove a  suo tempo si stampava pure l’Unità: un ulteriore tentativo, andato storto, di fare di Rassegna una pubblicazione di massa (gli speciali di Rassegna: Primo maggio 1963; Primo Maggio 1964: la copertina, gli autori).

La stagione dell’esplosione delle lotte operaie non vedrà un significativo passo avanti della rivista della Cgil. Anzi, nonostante i tentativi di aggiornamento e miglioramento grafico, Rassegna Sindacale subirà una riduzione della diffusione e degli abbonamenti. La voglia di parlare e di farsi sentire della nuova generazione di militanti e di quadri sindacali sceglierà altre strade: tra queste una forte ripresa della tradizione dei primi anni cinquanta della stampa operaia di fabbrica.

Nel corso del 1968 Rassegna opera un certo rinnovamento nella veste grafica, che tenta di restituire al quindicinale una più spiccata fisionomia di giornale più che di bollettino. Ma sono mutamenti che non riescono a generare una netta inversione di tendenza nel calo della diffusione. Gli anni che vanno dal 1962 al 1969 sono caratterizzati da una notevolissima quantità e densità di avvenimenti verificatisi a livello nazionale, all’interno di uno scenario globale in cui il processo di decolonizzazione contribuisce ad allentare le tensioni politiche e militari in Europa, favorendo indirettamente anche il processo d’integrazione economica.

Il decennio si apre con le novità eccezionali innescate dal miracolo economico che trasforma definitivamente il Paese in una potenza industriale tra le più forti al mondo, imponendo le regole tayloriste dell’organizzazione scientifica del lavoro e i principi fordisti della produzione standardizzata e dei consumi di massa. La massificazione della società si realizza anche attraverso l’utilizzo sempre più ampio e influente dei mass media, di cui la televisione diviene presto il simbolo per eccellenza.

Il centro-sinistra, avviato nella primavera del 1962, si afferma come la grande novità politica del decennio e nell’autunno dello stesso anno, dopo grandi lotte dei sindacati metalmeccanici, la Fiat e l’Olivetti firmano intese che – sulla base del protocollo Intersind – riconoscono formalmente il diritto alla contrattazione integrativa. Il 21 agosto 1964 muore a Yalta Palmiro Togliatti e nello stesso anno Giuseppe Saragat, socialdemocratico, viene eletto alla presidenza della Repubblica con i voti del Pci (“Luglio '60-luglio '64 di Fernando Santi; La Cgil ricorda Togliatti”).

Il 5 gennaio  1968, con l’elezione di Alexander Dubcek a primo segretario del Partito comunista cecoslovacco, comincia la Primavera di Praga. Il 21 agosto dello stesso anno le truppe del patto di Varsavia invadono la Cecoslovacchia. La condanna dell’accaduto da parte della Cgil è netta e coerente, sia in campo nazionale che internazionale (“Praga 21 agosto”; “La presa di posizione della Cgil”).

Il 14 novembre 1968 Cgil, Cisl e Uil tornano a scioperare per la prima volta insieme dai tempi delle scissioni. Tra il 1968 e il 1969 le confederazioni portano avanti, con esito positivo, le battaglie generali sulle pensioni e per l’abolizione delle gabbie salariali (Rassegna Sindacale, 10 novembre 1968). Il 1968 è anche l’anno dell’esplosione della contestazione giovanile, radicale e irriverente, che coglie di sorpresa pure il sindacato. A distinguere il movimento del Sessantotto è il carattere generazionale della rivolta, insieme all’ampiezza dell’evento: protagonisti della contestazione sono soprattutto giovani, studenti e operai (foto; “Una politica giovane per le nuove leve operaie”; “Studenti e proletari”).

Il 2 dicembre 1968, ad Avola, una manifestazione a sostegno della lotta dei braccianti per il rinnovo del contratto di lavoro finisce nel sangue: la polizia apre il fuoco e due braccianti – Giuseppe Scibilia di 47 anni e Angelo Sigona di 25 anni – vengono uccisi. Quarantotto i feriti, di cui due gravi (Rassegna Sindacale, 8 dicembre 1968). Se il 1968 è l’anno degli studenti, il 1969 è quello delle cosiddette “tute blu”. Il baricentro delle lotte si sposta dalle aule universitarie ai cancelli delle fabbriche, portando a grandi conquiste in tema di democrazia (assemblea), salario (aumenti uguali per tutti), orario (40 ore settimanali), diritti e potere nei luoghi di lavoro (Rassegna Sindacale, 22 dicembre 1968-12 gennaio 1969; “1969 3 milioni e mezzo di lavoratori in lotta per il nuovo contratto”).

Nei primi giorni di aprile del 1969 a Battipaglia giunge la notizia dell’imminente chiusura di due grosse aziende della città: la manifattura dei tabacchi e lo zuccherificio. Per il 9 viene indetto un corteo di protesta: le forze dell’ordine sparano sulla folla uccidendo Teresa Ricciardi, giovane insegnante che seguiva gli scontri dalla finestra della propria abitazione, e lo studente diciannovenne Carmine Citro. Moltissimi i feriti, da una parte e dall’altra (“Disarmarli”).

Il decennio non potrebbe concludersi in modo peggiore: alle 16,30 di venerdì 12 dicembre 1969, un ordigno esplode nel salone centrale della Banca nazionale dell’agricoltura di Milano: muoiono 17 persone, 90 sono i feriti (http://www.rassegna.it/tag/piazza-fontana). Tra le 16,55 e le 17,30 altre tre esplosioni si verificano a Roma: una all’interno della Banca nazionale del lavoro di via San Basilio, altre due sull’Altare della Patria di piazza Venezia. Inizia così la strategia della tensione.

Ilaria Romeo è responsabile dell’Archivio storico Cgil nazionale