Paura, rabbia, ma anche tanto orgoglio. Sentimenti che si sono mescolati nel giorno della grande mobilitazione per lo sciopero generale contro l'austerità e le politiche del “disastroso” (cit. Camusso) governo Monti. Il primo sciopero sincronizzato in Europa che ha avuto proprio in Terni una delle piazze più importanti e queste sono cose che per la piccola Umbria non capitano tutti i giorni. Lo sottolinea con orgoglio, appunto, il segretario generale della Cgil dell'Umbria, Mario Bravi, che si gode la piazza piena e i complimenti per l'organizzazione di una manifestazione riuscita, come si era capito già prima di arrivare in piazza, quando il corteo partito dalle acciaierie occupava tutto viale Brin e un pezzo di Corso Tacito. “E' un peccato che Cisl e Uil abbiano perso questa occasione – osserva il segretario – perché noi oggi siamo parte dell'Europa che vuole il cambiamento”.

La grande industria siderurgica ternana (4000 dipendenti con l'indotto) si è svuotata per l'occasione (95% di adesione allo sciopero). La manifestazione europea, qui a Terni è infatti anche (e forse soprattutto) la manifestazione in difesa dell'Ast. L'ennesima, come ha ricordato Susanna Camusso. E non a caso lo slogan più presente lungo tutto il corteo è quel “non si tocca neanche un bullone” che è ormai diventato un ritornello simbolico per gli operai dell'Ast che lo hanno stampato su adesivi, magliette e striscioni.

“L'Ast deve restare il fiore all'occhiello della produzione siderurgica italiana”, ribadisce Susanna Camusso
, e il governo italiano si deve fare “garante di questa continuità”. Ma dove sono gli imprenditori italiani? Dove sono quando le aziende vanno in crisi e c'è bisogno di investire per rilanciarle? “Vorremmo che Confindustria pensi un po' più alle aziende in crisi e un po' meno alle privatizzazioni”, dice ancora dal palco il segretario nazionale, dopo aver ascoltato la testimonianza di un ex operaio Merloni, vertenza che qualcuno ha dato per conclusa, ma che non lo è affatto. “Su 1000 operai, 650 sono ancora fuori – spiega l'operaio arrivato a Terni con uno dei 15 pullman partiti dalla provincia di Perugia - e noi 350 che siamo rientrati ci sentiamo fortunati anche se da quando è ripartita la nuova azienda abbiamo lavorato sì e no 10 giorni. Eppure non possiamo lamentarci, siamo cassaintegrati privilegiati noi”.

Nel corteo e nella piazza la presenza degli studenti si fa sentire, non solo per la musica. Uno di loro, Admir porta con sé anche un pezzetto di Libera di Foligno, di cui è referente. “Uno dei valori centrali per la nostra associazione è la dignità – spiega – e oggi siamo qui perché qualcuno vuole smontare le acciaierie, questa industria così importante per l'Umbria, dando un bel calcio alla dignità di migliaia di lavoratori”.

Poco più avanti sfila lo spezzone dell'Alto Tevere e a reggere lo striscione c'è Danilo, un disoccupato. “Lavoravo per la Fais, un'azienda metalmeccanica di Umbertide, ma il mio contratto interinale è scaduto e sono rimasto a casa. Oggi manifesto per me e per i miei figli”. Figli e nipoti, che sono anche il motivo per cui a sfilare in strada, per chiedere prima di tutto lavoro, ci sono tanti pensionati.

Poi, quando la piazza è piena, il primo pensiero va agli alluvionati dell'Umbria e della Toscana e ai tre operai dell'Enel morti mentre lavoravano nell'emergenza. Ma ci sono anche i ragazzi delle scuole che raccontano l'acqua entrata nelle loro classi e di un albero caduto in un liceo di Perugia, che solo per buona sorte non ha fatto danni ben più drammatici.

“Davvero di questa politica non se ne può più – conclude dal palco Susanna Camusso, tra gli applausi della piazza – perché crea soltanto sfiducia e disperazione nei singoli, che sono brutti compagni di strada. Portano a pensare che ognuno deve fare per sé, frantumano la società. Ma la nostra unica arma è proprio lo stare insieme, come oggi, per cambiare le cose. La nostra unica arma è chiamare alla partecipazione per il cambiamento. Oggi siamo in piazza, insieme ai sindacati europei, perché per noi un'altra strada è possibile e continueremo a lottare per questo”. Alla fine, Bella Ciao.