La crisi colpisce i migranti. Aumentano i precari, si riducono le ore lavorate, si moltiplicano i falsi contratti part-time, le finte partite iva e il sommerso. E allo stesso tempo cresce il divario tra le retribuzioni, il tutto concentrato in particolare in questi ultimi mesi. È quanto emerge da uno studio dell'Ires a cura di Emanuele Galossi e Giuliano Ferrucci che sarà pubblicato a novembre e del quale oggi (23 ottobre) sono uscite le prime anticipazioni. Il dossier si basa sull'analisi dei dati Istat e offre una lettura su quanto accaduto nel corso degli ultimi cinque anni nel mercato del lavoro. E per i lavoratori immigrati, si legge, "è possibile affermare che nel corso dell’ultimo anno siano entrati nell’occhio di un ciclone".

Al primo semestre 2012 la quota del lavoro immigrato sul totale è pari al 10% circa e si concentra soprattutto in alcuni settori: servizi collettivi e alla persona (37%), costruzioni (19,2%), agricoltura (13%), turismo (15,8%) e trasporto (11,7%). Oltre un terzo degli occupati immigrati svolge una professione non qualificata e circa il 60% è impiegato in una microimpresa (contro il 34% degli italiani), con tutto ciò che questo comporta in termini di nati-mortalità delle imprese, di rischio licenziamento, di accesso agli ammortizzatori sociali e di possibilità di sindacalizzazione. Per quanto concerne le modalità di accesso al lavoro il 64% lo fa attraverso la rete informale di parenti o amici (contro il 31% degli italiani).

Gli stranieri sono occupati nella maggior parte dei casi come dipendenti (87%) e parzialmente come autonomi (11,8%). La componente dei collaboratori è assolutamente marginale (1,3%) anche se nel corso del quinquennio è cresciuta di oltre 50 punti percentuali. Ma il dato relativo ai dipendenti va letto alla luce di alcune considerazioni: se è vero, infatti, che nel periodo compreso tra il primo semestre del 2008 e quello del 2012 la variazione del numero di dipendenti è pari a +46,3%, va segnalato come gli occupati a tempo determinato siano cresciuti di circa il 67% e quelli con contratti a tempo parziale di circa 78 punti. Per quanto riguarda gli autonomi, poi, è interessante notare come oltre il 20% non abbia alcuna autonomia di orario. A questi dati va aggiunto, peraltro, che una stima sulla stipula di accordi verbali o informali (circa il 7,5% del totale dei dipendenti, con un’incidenza pari ad oltre il doppio della componente italiana) evidenzia una crescita di 24,6 punti percentuali dei rapporti di lavoro non formali.

Dal primo semestre 2008 a giugno 2012 il tasso di occupazione è calato di circa 2 punti percentuali passando dal 58,7% al 56,8% con una perdita di oltre 460mila occupati. Scomponendo il dato sulla base della cittadinanza, possiamo verificare che la quota immigrata non comunitaria ha perso oltre 6,7 punti percentuali. Inoltre è interessante notare nel corso degli ultimi quattro anni anche gli immigrati comunitari stiano pagando un conto salato a causa della crisi economica (-3,8).

Anche rispetto al tasso di disoccupazione si assiste a una forte sofferenza per la componente di lavoro immigrato. Se per gli italiani, infatti, il tasso di disoccupazione è passato dal 6,7% del I semestre 2008 al 10,3% del I semestre 2012 (+3,6), per i lavoratori comunitari è cresciuto del 6,1 e per i non comunitari di 5,1 punti. Peraltro è interessante notare come a un parziale ridimensionamento dei tassi nel corso del 2011, sia seguito un anno in cui i tassi sono letteralmente schizzati verso l’alto facendo segnalare le peggiori performance del quinquennio di crisi.

Tale dinamica dei tassi è dovuta, peraltro, alla diminuzione della popolazione italiana in età da lavoro e al corrispondente aumento della popolazione straniera. Nell’ultimo quinquennio, in particolare, gli immigrati in età da lavoro sono cresciuti di oltre un milione e trecentomila unità con una variazione percentuale che ha visto aumentare gli occupati del 41,6% (667 mila in valore assoluto) e i disoccupati addirittura del 138,2% (227 mila in valore assoluto).

Anche i dati relativi alla cassa integrazione evidenziano questo tipo di dinamica: nel corso del quinquennio di crisi il numero dei lavoratori immigrati che sono dovuti ricorrere agli ammortizzatori sociali è cresciuto in maniera esponenziale decuplicando il dato iniziale a fronte di un incremento per i lavoratori italiani di circa quattro volte. A seguito di ciò il peso della componente immigrata sul totale dei lavoratori in cig è passata dal 4,3% del I semestre 2008 all’11,4% del I semestre 2012.

Infine uno sguardo sulle retribuzioni: nel I semestre 2012 la differenza tra i guadagni di un italiano e quelli di un immigrato (entrambi a tempo pieno) sono complessivamente di 328 euro pari a un differenziale retributivo del 23%. Inoltre va segnalato come dal I semestre 2009 questo dato sia in crescita di oltre 2,5 punti allargando ulteriormente la forbice di disuguaglianza tra lavoratori autoctoni e lavoratori immigrati.

"L’indagine dimostra, in modo inequivocabile, come alla continua crescita del numero di lavoratori e lavoratrici migranti e al loro fondamentale contributo all’economia italiana, si accompagna un continuo peggioramento delle condizioni di lavoro che si sommano alle condizioni di svantaggio già esistenti. Fra cui il permanere di un grande bacino di lavoro nero e irregolare che la recente sanatoria non ha sostanzialmente intaccato". Così commentano Vera Lamonica (segretario confederale Cgil) e Fulvio Fammoni (Fondazione Di Vittorio).

"Questo peggioramento - affermano - riguarda la crescita del tasso di disoccupazione, che supera il 14%; l’aumento della cassa integrazione pur essendo la maggioranza di questi lavoratori impiegati in piccole imprese. Riguarda l’enorme espansione del lavoro precario, cresciuto solo per il tempo determinato del 67% fra il 2008 e il 2012, ma anche il continuo aumento dell’addensamento delle presenze nei lavori meno qualificati e una retribuzione media e inferiore di quasi un quarto a quelle già troppo basse di un lavoratore italiano. Tutto ciò conferma, oltre alla crisi, una situazione inaccettabile per i diritti di queste persone e un conseguente meccanismo di dumping e ricattabilità verso tutti i lavoratori, contro cui la Cgil si batte e verso il quale le politiche del governo sono inesistenti. Iniziative e proposte che sono parte della mobilitazione della confederazione per un lavoro dignitoso e per il Piano per il lavoro".