Sono ben 166 i tavoli di crisi aziendali aperti presso il ministero dello Sviluppo economico, e oltre 190 mila i lavoratori coinvolti. Dai casi più noti e di lunga gestione, come quelli di Ilva, Alitalia, Ericsson e Almaviva, fino a quelli più recenti, come la Embraco (497 licenziamenti nello stabilimento di Riva di Chieri, a Torino). I dati del ministero mostrano la scarsa tenuta del settore degli elettrodomestici: a partire dal 2014 il comparto occupa il primo o il secondo posto nella classifica dei settori maggiormente in difficoltà. Nel 2016-2017, inoltre, si assiste a una crescita rilevante dell'incidenza delle crisi nella siderurgia. In difficoltà risultano anche alcuni settori del made in Italy, come l’agroalimentare e il tessile-abbigliamento, mentre in miglioramento sono i comparti dell’Ict/Tlc e dell'automotive.

La gestione dei diversi dossier ha una durata temporale molto lunga, in media di 28-30 mesi, con un numero non trascurabile di casi che si trascina anche per cinque anni (come Lucchini, Gepin e Ideal Standard). La stragrande maggioranza delle aziende coinvolte ha più di 500 dipendenti. Il 61 per cento delle crisi proviene da cause interne all'azienda: difficoltà finanziarie, criticità gestionali e manageriali, ristrutturazioni aziendali e insostenibilità dei costi; il restante 39 è dovuto a fattori esogeni, come crisi di mercato e contrazione dei volumi.

Il numero delle aziende che si siedono ai tavoli di crisi è in lenta, ma crescente crescita: 109 nel 2012, 119 nel 2013, 159 nel 2014, 151 nel 2015, fino alle 166 odierne. Ma c’è anche qualche buona notizia: tra il 2016 e il 2017 sono state 62 le vertenze che hanno avuto un esito positivo, soprattutto grazie a piani di riorganizzazione e rilancio con nuovi investitori, mentre in diminuzione è il trend relativo ai casi senza soluzione: erano 15 nel 2016, si sono ridotti a 6 nel 2017.