Ai tanti motivi per cui la Cgil ha detto no all’accordo separato sul modello contrattuale, “le donne lavoratrici ne devono aggiungere uno molto forte: quell’accordo è profondamente maschilista e determinerà, se applicato, ulteriori differenze a danno di queste ultime”. La denuncia è della segretaria confederale della Cgil, Morena Piccinini, che aggiunge: “E’ un impianto che tornerà a differenziare i settori tra quelli relativamente più forti, che avranno più capacità contrattuali, e quelli più deboli, tra quelli a prevalente presenza maschile e quelli dove prevale l’occupazione femminile”.

Piccinini ricorda come “la contrattazione nazionale e di secondo livello, abbia contribuito a ridurre le discriminazioni” tra uomini e donne mentre “al contrario, le differenze salariali crescono enormemente quando prevale il contratto individuale”. E alla luce di una delle principali ragioni del no al nuovo modello contrattuale, ovvero “la riduzione strutturale dello spazio di difesa del potere d’acquisto delle retribuzioni, che di per sé innesca una condizione di maggiore difficoltà di recupero con la contrattazione di secondo livello”, si aggiunge “il rischio della crescita degli ‘ad personam’ come risposta”. La conferma su questo punto arriva per Piccinini dallo sgravio fiscale previsto per il salario aziendale destinato anche agli aumenti individuali, “il che - osserva - aumenta enormemente la possibilità di elargizioni ad personam che da sempre vengono più facilmente corrisposte a uomini, contribuendo ad allargare la forbice della differenza di genere”.

Inoltre, Piccinini sottolinea “l’enfasi” data alle agevolazioni fiscali sul secondo livello che “evoca così una funzione negoziale tutta proiettata alla sola rivendicazione salariale” e che quindi “pone un’ombra pesante che rischia di far passare in secondo piano tutta quella parte di contrattazione sui diritti, la flessibilità positiva, la conciliazione dei tempi che tanto ha tentato di rappresentare le istanze non solo salariali delle donne”. La dirigente sindacale denuncia inoltre il “paradosso” di un governo che “mentre incentiva fiscalmente la contrattazione meramente salariale, al contrario riduce, fino ad annullarle, le risorse che la Legge 53/2000 sollecitava per finanziare il sostegno alle imprese che svolgono contrattazione positiva, riconoscendo quella flessibilità chiesta dalle donne per conciliare lavoro e famiglia”. Punti di dissenso anche sulla derogabilità del contratto nazionale che, dice, “espone molto più la donna che non i soggetti forti del mercato del lavoro”. Tutte ragioni che per Piccinini rendono “evidente come le donne hanno tanti motivi in più per partecipare alle mobilitazioni e agli scioperi della Cgil”.