Una recente ricerca commissionata dal quotidiano la Repubblica all'istituto Demos ha attestato come secondo gli italiani gli unici soggetti degni di fiducia siano i sindacati, e tra questi soprattutto la Cgil. “È una notizia che ha sorpreso molti, ma in realtà, dentro la crisi ormai conclamata del rapporto tra cittadini e istituzioni, si conferma che il sindacato, con tutti i suoi difetti, continua a resistere. E questo accade perché nella sua natura c'è il contatto diretto con le persone in carne ed ossa”. A dirlo, ai microfoni di RadioArticolo1 è Franco Martini, segretario confederale della Cgil.

Tutti i giorni, nelle nostre categorie e nelle nostre strutture territoriali, i funzionari e gli operatori della Cgil si confrontano con i problemi reali delle persone, e cercano di trovare delle soluzioni - ha continuato Martini -. I cittadini quindi sanno che il sindacato c'è sempre. La fiducia attestata da questa ricerca dà ragione alle scelte che abbiamo fatto in questi anni per restare dalla parte di chi meno può difendersi, nel tentativo di rappresentare in maniera inclusiva tutti i soggetti della società. Non c'è dubbio che alcuni dei nostri 'ferri del mestiere' vadano adeguati, e che il sindacato debba rinnovarsi, aggiungendo nuovi strumenti che parlano al mondo di oggi. Ma il contatto con la realtà è uno strumento insostituibile che resta la vera linfa vitale di un soggetto di rappresentanza”.

Il nostro mestiere - ha continuato li sindacalista - è essere soggetti della contrattazione, tentando di negoziare con i nostri interlocutori nuovi equilibri nella tutela degli interessi generali. La Cgil non lo ha mai fatto in una logica corporativa, cioè guardando solo a un segmento specifico del mondo del lavoro. Altrimenti avremmo sancito una rappresentanza che avrebbe reso più forti quelli che sono forti e più deboli coloro che hanno già difficoltà a essere rappresentati. La contrattazione a tutto campo prova invece a dare parola a tutti i soggetti del mondo del lavoro e a coinvolgere tutti gli attori delle politiche del lavoro, dalle imprese alle istituzioni, ognuno con la propria funzione. Solo in questo modo è possibile contribuire alla costruzione di una politica del lavoro equa, nella quale diritti e tutele siano presenti per tutti”.

Oggi stanno cambiando velocemente i luoghi e i soggetti della contrattazione. Intercettare i nuovi soggetti del mondo del lavoro è, secondo Martini, “la vera scommessa dell'epoca contemporanea”. La Cgil deve quindi affrontare questa nuova sfida “con la necessaria apertura mentale e con il giusto equilibrio”, evitando sia “l'eccessiva difesa del passato”, sia “un bagno esagerato di nuovismo, che non descrive fino in fondo come stanno le cose”. Amazon è probabilmente l'esempio più lampante di questa contraddizione: “Un'azienda moderna, che consente a tutti di poter acquistare nel giro di poche ore un bene di consumo o un servizio, ma al tempo stesso un'azienda in cui condizioni di lavoro sanno molto di antico. I lavoratori Amazon sono soggetti a fattori di rischio di natura scheletro-muscolare di cui ci occupavamo 30 o 40 anni fa”.

Negli ultimi mesi, il sindacato ha già fatto dei passi in avanti nella definizione delle linee guida di questa nuova contrattazione. Dopo la messa a punto e l'approvazione del documento unitario su un moderno sistema di relazioni industriali e di politiche contrattuali, ha siglato diverse intese con le associazioni delle piccole imprese, dell'artigianato e del terziario distributivo. “In questi accordi - ha ricordato Martini - si ammette la necessità di accompagnare al testo unico, che si occupa della rappresentanza e della rappresentatività dei lavoratori da parte dei sindacati, anche la necessità di certificare la rappresentatività delle associazioni di parte datoriale. Ciò che mette in discussione la centralità del contratto nazionale sono infatti le decine di contratti nazionali che nascono per fare dumping. In queste ultime settimane stiamo pure tentando di portare in porto il confronto con Confindustria, che riconosce questa necessità, senza addirittura escludere una norma legislativa di sostegno agli accordi. È una vera e propria rivoluzione rispetto al passato”.

La contrattazione - ha concluso il sindacalista - necessita sicuramente di essere riformata. Bisogna mettere ordine negli assetti contrattuali, mantenendo l'importanza del contratto collettivo nazionale per tutelare l'intero mondo del lavoro. Eppure dobbiamo anche fare uno sforzo per estendere il secondo livello di contrattazione, che è più vicino alle condizioni concrete della produzione e del lavoro. Dobbiamo insomma rilanciare un impianto che storicamente il sindacato e l'impresa hanno già sperimentato nel nostro Paese, ma aggiornandolo all'interno dei cambiamenti in atto. Bisogna poi entrare, con convinzione, nella sfera della partecipazione. Non possiamo rinunciare al ruolo negoziale e magari al conflitto. Ma se vogliamo governare il futuro, dobbiamo essere più coinvolti anche nel governo delle imprese”.