Oggi (11 luglio) a Barcellona, Comisiones Obreras (Ccoo) celebra il quarantesimo anniversario del congresso costituente in cui furono gettate le basi per la trasformazione di quello che fino ad allora, a partire dagli anni sessanta, era stato un ampio movimento di base – organizzato su impulso del Pce e di alcune associazioni cattoliche democratiche per combattere la dittatura di Franco – in un’unica confederazione sindacale (“di classe”).

Di quella giornata, cruciale per le sorti della democrazia spagnola, parliamo con uno dei protagonisti dell’epoca, José Luis López Bulla, che fu tra gli organizzatori di quella che è passata alla storia come l’Assemblea di Barcellona, che si tenne nella chiesa di Sant Medir. Immigrato da Granada, Bulla arriva in Catalogna a 23 anni. Operaio a Matarò nelle arti grafiche, comincia l’attività sindacale come delegato nel sindacato verticale di regime, diventando poi dirigente di Ccoo e, dal 1976 al 1995,  segretario generale. Detenuto dal regime franchista innumerevoli volte, milita nel Psuc (il partito dei comunisti catalani) e nel 1999 viene eletto deputato per Icv (Iniciativa per Catalunya Verds) al Parlamento autonomo di Barcellona. Oggi Bulla ha 75 anni ed è in pensione.

Rassegna  Quarant’anni fa si celebrava l’assemblea di Barcellona, che ruolo ricopriva lei allora in Ccoo?

Bulla  Nessuno aveva ancora nessun incarico formale, c’erano persone però a cui veniva riconosciuto il ruolo di direzione. Quello che si era costituito 15-20 anni prima era il movimento di Comisiones Obreras, strutturato a partire dal posto di lavoro. Era sorto in maniera più o meno spontanea e simultanea nelle fabbriche metallurgiche di Madrid, di Barcellona, dei Paesi Baschi e soprattutto nelle miniere asturiane. Nel 1976 emerse la necessità di trasformare quel movimento in organizzazione sindacale. E allora si convocò l’assemblea di Barcellona.

Rassegna  Perché l’assemblea si fece a Barcellona?

Bulla  Perché dopo il cosiddetto “Proceso 1001”, con la detenzione di Marcelino Camacho e gli altri, la direzione di Ccoo spagnole era a carico dei catalani. E in Catalogna avevamo un’organizzazione più efficiente, più stabile e una politica di alleanza con tutte le forze democratiche che non esisteva altrove.

Rassegna  Le cronache dicono che l’assemblea era stata proibita a Madrid…

Bulla  Questo fa parte del mito costruito attorno all’evento, perché l’assemblea era proibita anche a Barcellona. La ragione fu che in Catalogna c’erano migliori condizioni per farla rispetto a Madrid, dove era più rischioso in termini di sicurezza. Noi delegati catalani eravamo sfuggiti al “1001” grazie alla sapienza del maestro Cipriano García. Perciò l’assemblea si fece a Barcellona e chi doveva organizzare tutto, dall’accoglienza alla logistica, fummo noi catalani.

Rassegna  Come vi riconoscevate visto che eravate un movimento?

Bulla  Almeno il 40% di noi si conosceva, perché avevamo fatto molte riunioni  prima o eravamo stati in carcere insieme. Eppoi c’era il classico camuffamento cospirativo, come avere tra le mani un giornale, il trovarsi a una certa ora in un determinato luogo. L’assemblea era divisa in due parti, mattina e pomeriggio. Io non participai alla prima parte, perché il gruppo dirigente si divise nella presenza durante il giorno, una prima metà alla sessione del mattino e una seconda in quella del pomeriggio, di modo che se la polizia fosse arrivata e avesse arrestato i partecipanti, sarebbe comunque rimasta libera la metà dei dirigenti. Ero di guardia assieme a Nicolás Sartorius, Fernando Soto, dirigente andaluso, e ad altri dirigenti della Galizia e dei Paesi Baschi, nello studio di un avvocato del lavoro. Verso le 13, quando capimmo che la situazione era tranquilla, andammo all’assemblea per assistere alle conclusioni.

Rassegna  Che tipo di assemblea fu?

Bulla  L’assemblea rappresentò il punto finale di una stagione importante di lotte sindacali, quello era anche l’anno della primavera barcellonese per la libertà, l’amnistia e lo Statuto d’autonomia. Un’assemblea di circa 400 persone, pochissime le donne, caotica nel suo svolgimento, senza microfono, con una presidenza circondata di gente, perché non c’era posto, concepita secondo il vecchio stile, tre relazioni generali, una dietro l’altra, che durarono molto. Entrammo in quell’assemblea e ne uscimmo senza nessun obiettivo chiaro.

Rassegna  Era la prima volta che vi riunivate tutti insieme?

Bulla  La prima volta che ci riunivamo in tanti. Dobbiamo riconoscere che nell’assemblea non andammo con la tesi chiara di convertirci in sindacato. Non si era infatti chiuso il dibattito interno tra noi catalani, che spingevamo per accelerare la costituzione di un sindacato e il resto di Comisiones Obreras della Spagna, che chiedeva più tempo per far decantare il tema. E così uscimmo dall’assemblea senza esserci costituiti in confederazione. L’assemblea però elesse una direzione formale e a Marcelino Camacho diede il titolo di coordinatore generale. Poi fu la stampa a chiamarlo segretario generale e così cominciammo a nominarlo anche noi. Ma fu solo dopo, in autunno, in una riunione di una novantina di persone a Madrid, nello studio degli avvocati di Atocha, che Ccoo si costituì in sindacato.

Rassegna  Che clima politico c’era allora?

Bulla  L’azione delle mobilitazioni operaie, politiche e dell’associazionismo di quartiere era così intensa che era evidente che il regime si reggeva per scommessa.

Rassegna  Nel 1999 il grande scrittore Manuel Vázquez Montalbán la descriveva come "uno dei protagonisti del ruolo plurale, duttile, integratore che Comisiones ha giocato in Catalogna”…

Bulla  Comisiones Obreras di Catalogna era un sindacato molto plurale, accogliente e soprattuto con grande capacità di intercettare le emergenze sociali e culturali e uno sguardo attento ai processi d’innovazione. Era l’espressione più aperta di tutto il sindacalismo confederale spagnolo, avevamo relazioni con alcune personalità del sindacalismo europeo. Avevamo un filo diretto con Trentin, Pizzinato, Lama; Bertinotti era un amico personale. Avevamo relazioni con Solidarnosc. Eravamo nel ciclo ascendente della parabola del sindacato e pensavamo che non si potesse fare nulla senza Comisiones e ancor meno contro Comisiones. Fu così che ci avvicinammo alla dimensione del mito. È stata un’epoca magnifica.