La Cgil partecipa agli Stati generali delle donne convocati oggi in Regione Liguria "con l’intendo di individuare le priorità sulle quali concentrarsi per poter riprendere un percorso di valorizzazione del genere femminile, questione che purtroppo la crisi sembra avere spazzato via, quanto meno per la maggior parte delle donne di questo paese". E' quanto si legge in una nota, firmata da Elena Bruzzese e Rita Guglielmetti, delle segretarie Cgil Genova e Liguria.

"Tra le troppe diseguaglianze acuite dalla lunga crisi economica, emerge infatti  particolarmente anche quella tra uomini e donne nel mercato del lavoro - osservano -. Nella classifica mondiale della parità di genere risultiamo tra i paesi con minore partecipazione delle donne nel mercato del lavoro e tra quelli con più disparità salariali. Tutto questo nonostante l’occupazione e redditi delle donne siano da tempo considerati un problema da affrontare e nonostante l’esistenza di leggi nazionali ed internazionali che prevedono proprio la parità di trattamento e di retribuzione".

"Il grave ritardo dell’Italia nel ‘contribuire ad eliminare ogni forma di discriminazione contro le donne e promuovere la concreta parità dei sessi’, così come recita la Convenzione di Istanbul nel suo primo articolo, dimostra che l’argomento non rientra nell’agenda politica del nostro Paese, e penalizza non solo il genere femminile ma l’intera economia, così come confermato da una recente dichiarazione della Direttrice del Fondo Monetario internazionale che quantifica la discriminazione del genere femminile nel mercato occupazionale mondiale, in 9 mila miliardi di dollari l’anno".

"E’ inoltre patrimonio comune il fatto che il 15% del PIL potenziale non viene realizzato in Italia a causa delle discriminazioni contro le donne - proseguono -. Basta guardare con una ottica di genere gli effetti che il jobs act avrà sull’occupazione femminile per comprendere come sia diametralmente opposta la direzione intrapresa dal Governo rispetto alla necessità di costruire politiche di pari opportunità".

"A fronte di un Paese che non ha mai considerato fino in fondo il valore sociale della maternità, la mancanza di servizi pubblici è un freno all’occupazione femminile, infatti soltanto 43 donne su 100 mantengono il lavoro dopo la nascita di un figlio, che insieme al lavoro di cura in molti casi favorisce la loro uscita dal mercato del lavoro".

"A questo bisogna aggiungere l’assenza di misure strutturali in grado di costruire politiche di welfare, che supportino concretamente la conciliazione. Siamo di fronte al mantenimento delle differenze e non alla lotta alla precarietà. I provvedimenti del Governo hanno destrutturato il diritto del lavoro e noi non possiamo accettare la filosofia per la quale l’unica soluzione per uscire da questa crisi profonda sia l’attacco ai diritti dei lavoratori e delle lavoratrici".

Le sindacalista quindi concludono: "Alla giornata di studio e approfondimento hanno partecipato e sono intervenute per rappresentare  una realtà che sta diventando sempre più'difficile anche diverse lavoratrici e delegate delle categorie".