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"Il servizio sanitario nazionale è un'istituzione: deve funzionare sulle competenze e sulla loro verifica. L'Italia è un Paese che ha vissuto di troppi commissariamenti, tanti commissari, questo è un modo per sottrarsi alla responsabilità complessiva sulla gestione delle cose". Lo afferma il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, concludendo la giornata di oggi al convegno "Una sanità pubblica, forte, di qualità per tutti", che si è svolto al centro congressi Frentani a Roma.
La sfida che ha lanciato Rosy Bindi, spiega Camusso, "significa che dobbiamo aprire una battaglia politica per scoprire il gioco in atto sul servizio sanitario nazionale. Non c'è nessuno che dica pubblicamente che bisogna cambiare il servizio, ma nella pratica lo stanno già facendo. Di fatto si tenta di costruire un altro sistema, anche le ultime leggi di bilancio hanno tagliato fondi alla sanità. La sostanza è questa: le risorse al servizio stanno diminuendo". Un taglio, a suo avviso, che "arriva proprio mentre ci sarebbe bisogno di investimenti e di adeguare il funzionamento del sistema ai bisogni che cambiano. Non c'è automatismo tra la crescita dell'età della popolazione e l'aumento di spesa, dipende molto da come si arriva all'età avanzata. In sanità bisogna investire continuamente, anche nelle stagioni di crisi e difficoltà come i nostri anni".
La Cgil ha aperto una discussione: "È una giornata positiva, sia per la confederazione sia per il rapporto con Cisl e Uil. Siamo maturi per iniziare una battaglia - secondo Camusso -. Se il punto di partenza è la sostenibilità finanziaria in ragione del pareggio di bilancio, allora non avremo un servizio sanitario di lungo periodo. Non mettere le dovute risorse pone in discussione l'universalità del servizio".
Tanti temi si intrecciano in sanità, dalle risorse disponibili alle condizioni dei lavoratori, dalle tipologie contrattuali alle retribuzioni. "Ma non solo: c'è anche un nodo legato all'organizzazione del servizio. Non è vero che il sistema non funziona per colpa dei lavoratori rigidi, questa logica ha portato all'abolizione dell'articolo 18 - riflette il segretario -. La prestazione dipende da come si organizza il servizio, di quanto si personale si dispone e come si usa. Una sfida molto più alta di come spesso la presentano".
"Avviamo un confronto sulla sanità e sulla difesa del servizio pubblico - conclude -: riproponiamo il tema della partecipazione delle persone, il primo controllo rispetto a quello che succede, e insieme anche il sindacato svolgerà il ruolo di controllo e presidio di legalità. Nella frantumazione del mercato del lavoro si determina la contrapposizione di una professione contro l'altra, questo deve finire. Un medico che lavora nel pubblico deve avere le stesse condizioni di un medico che lavora nel privato: finché i privati staranno molto meglio una vera concorrenza non sarà possibile. Serve uguale trattamento".
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Il documento: le richieste del sindacato
"Il diritto alla tutela della salute e alle cure, sancito dalla nostra Costituzione, non è garantito in modo uniforme ed equo in tutto il territorio nazionale e per tutti. Per questo la Cgil propone una grande mobilitazione, in primo luogo unitaria con Cisl e Uil, per restituire forza al servizio sanitario nazionale pubblico e universale". Questo il messaggio che la Confederazione di corso d'Italia ha lanciato oggi dal palco.
Come si legge nel documento presentato, "per garantire il diritto alla salute e alle cure in tutto il Paese non basta il recente decreto che ha definito i nuovi Livelli essenziali di assistenza, atto importante ma non sufficiente. Occorre innanzitutto "adeguare le risorse destinate al finanziamento sanitario, invertendo le previsioni del Def che prevedono per il 2019 un crollo del rapporto spesa sanitaria PIL dal 7% al 6,4%, e aggiornando i criteri di riparto del fondo sanitario tra le Regioni".
È necessario poi "rimuovere gli ostacoli che costringono i cittadini a rinunciare alle cure", e quindi "superare i ticket, con un'exit strategy da discutere anche con i sindacati, abbattere le liste d'attesa, monitorare e intervenire sull'applicazione dei Lea per rimediare alla frantumazione del Ssn, considerando anche le differenze di genere", e ingaggiare una "lotta alla corruzione, non solo con il decisivo ruolo dell'Anac, ma anche con l'impegno della società civile".
Nel corso dell'iniziativa di oggi è stato sottolineato come "i crescenti bisogni dovuti ai cambiamenti demografici richiedano una profonda riorganizzazione dell'assistenza sanitaria e sociale", che deve partire da "più prevenzione, più assistenza nel territorio e più integrazione socio sanitaria, tema cruciale per le nuove politiche di welfare che richiede un ruolo attivo dei Comuni”. Inoltre è fondamentale “una massiccia e diffusa innovazione tecnologica".
La Cgil ha ricordato che "l’universalità dei diritti è fondata sulla centralità della funzione pubblica" ma che va riconosciuto "un giusto ruolo al settore privato, per questo servono regole e standard precisi", e a tal proposito "preoccupano i decreti attuativi della legge di riforma del III Settore, che rischiano di favorire un’irruzione delle logiche di mercato nell’assistenza socio sanitaria". Nel corso del dibattito è stata dedicata una riflessione anche al welfare contrattuale, su cui ci sarà approfondimento nella giornata di domani, e all'assistenza sanitaria integrativa, il cui ricorso va orientato “per sostenere il welfare universale e il Ssn”. "L’innovazione e la riorganizzazione del Ssn sono possibili solo valorizzando il lavoro, superando le precarietà, salvaguardando e aumentando i livelli di occupazione, rinnovando e rispettando i contratti", è stato ricordato dal palco del Centro Congressi Frentani. E "accanto al lavoro altamente qualificato del Ssn, nella lunga filiera dei servizi socio sanitari, c’è troppo lavoro 'povero' e precario, che deve ottenere più valore e solidità".
In conclusione il documento presentato oggi evidenzia come il servizio sanitario nazionale nel garantire il diritto alla salute e alle cure sia anche “un eccellente investimento economico” in quanto la filiera della sanità vale oltre 150 miliardi e per ogni euro speso in sanità si generano 1,7 euro circa. Anche per questo, come hanno fatto molti altri paesi, occorre investire nel settore".