L’era Cevital sembra ormai finita. Se mai fosse davvero iniziata. A Piombino questi sono giorni convulsi e c’è grande confusione intorno alla vicenda, ma una cosa è sicura, nessuno vorrebbe più sentir parlare del gruppo algerino. Issad Rebrab, all’indomani dell’acquisto degli asset degli stabilimenti ex Lucchini in amministrazione straordinaria, aveva fatto sperare la città e l’intero territorio. Tante, forse a ben vedere troppe, sono state le promesse fatte di rilancio della storica fabbrica, arrivando addirittura a immaginare un aumento dei posti di lavoro, differenziando le attività e aprendo alla logistica e all’agroalimentare. Progetti e prospettive che però non hanno mai avuto una sicura copertura finanziaria, né sono stati appoggiati da solidi piani industriali, più volte richiesti da sindacati e istituzioni e sempre rinviati.

Dal 2015 è stata tanta la pazienza, mentre la collaborazione non è mai mancata. In realtà, quasi nulla faceva presagire, fino a non molti mesi fa, l’esito di questi giorni. Il Mise guidato da Carlo Calenda, allo scadere dell’ultimatum del 31 ottobre, ha inviato una formale lettera di risoluzione del contratto con Aferpi. Ma Cevital in extremis ha inviato l’ennesima lettera di intenti al ministro e al commissario straordinario degli stabilimenti ex Lucchini, Piero Nardi, nella quale sarebbero indicati due nuovi partner per proseguire il progetto Aferpi a Piombino. Uno è il cinese Sinosteel equipment & engineering Co.Ltd, per la realizzazione di un forno ad arco, la cui consegna è prevista entro 24 mesi, e per la riaccensione dell’altoforno, che dovrebbe concretizzarsi entro 7 mesi.

L’altro partner è una società con sede a Dubai, la Coastal Group, che attraverso la Magnum Steel Industries Limited sarebbe disposta a un investimento del 50% nel capitale di Aferpi. È l’ennesima lettera di intenti, che in questi anni si sono succedute, facendo perdere la pazienza ai lavoratori, ai sindacati e alle istituzioni. Ma pur con la pazienza agli sgoccioli, ora il Mise dovrà verificare affidabilità e reale volontà dei due partner proposti. Mentre Rebrab ha chiesto due ulteriori mesi di tempo.

Secondo i termini dell’Addendum, l’accordo firmato a luglio tra governo e Cevital per disciplinare il rilancio del piano industriale di Piombino, il gruppo algerino non si è dimostrato in grado di mantenere determinati obiettivi industriali, perdendo di credibilità e affidabilità, senza dimostrare la buona volontà di trovare una soluzione. In questi mesi ci sono stati forti ed evidenti segnali di interessamento del gruppo Jindal South West e degli inglesi di British Steel, interlocutori giudicati affidabili e potenzialmente intenzionati a una concreta operazione di rilancio del sito, mediante il riavvio dell’altoforno e l’affiancamento di un laminatoio ai tre impianti già esistenti. Ma la trattativa tra Cevital e Jsw si è arenata per problemi di prezzo.

Ora resta da vedere che cosa farà il governo: è molto probabile che la vicenda sfoci in un contenzioso legale dalle evoluzioni ed esiti imprevedibili. Alla luce di questa ipotesi, la lettera di intenti dell’ultimo minuto potrebbe essere un tentativo di rafforzare la posizione di Cevital. Mentre i tempi tecnici dell’avvio ed esecuzione della contestazione da parte del commissario straordinario potrebbero dilungarsi fino al 31 gennaio 2018. Altro tempo che certo non faciliterà la già complessa situazione dell’industria piombinese, ormai sempre più lontana dal tanto sperato rilancio sul mercato, visto che al momento oltre a essere ferma è rimasta senza clienti.

Se le ennesime promesse di Rebrab cadranno nel vuoto, il governo dovrà scegliere la strada dell’inadempienza al contratto o quella dell’insolvenza. Nella prima ipotesi, lo scenario sarebbe quello di una transizione verso l’amministrazione straordinaria, che dovrà passare per un contenzioso che tutti vogliono evitare. In questo caso, sarebbe in programma un incontro per trovare un accordo tra le parti e trovare un soggetto industriale affidabile. A queste possibilità, si aggiunge l’opzione dell’insolvenza, che sussisterebbe solo nel momento in cui l’azienda non pagasse fornitori e stipendio ai lavoratori. Dalla ricognizione fatta dai sindacati sarebbe l’insolvenza la prerogativa per far scattare l’utilizzo dei 300 milioni stanziati per le aree di crisi complesse in amministrazione straordinaria.

Un’ipotesi, quest’ultima, che aprirebbe la strada a un nuovo bando di gara e a un nuovo commissariamento, che farebbe scattare la cassa integrazione per i 2 mila ex lavoratori, garantita al momento fino al 31 dicembre 2018. Ma il commissario Nardi ha fatto notare che Aferpi, con la perdita attuale di 1,5 milioni mensili, erodendo il capitale sociale, andrebbe comunque avanti per circa tre anni prima di diventare insolvente. Un tale regime di perdite, pur non essendo desiderabile per Cevital, darebbe tuttavia la possibilità a Rebrab di bloccare l’accesso a nuovi investitori, ricattando di fatto governo e lavoratori ancora a lungo.