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Questo articolo è in risposta a "Le 'cicciottelle' e noi ostaggi dell’ossessione dell’estetica" scritto da Beppe Servergnini sul Corriere della Sera
Caro Severgnini, dissento.
Non è un problema di estetica, l'aver definito il trio olimpico, “cicciottelle”, ma di rispetto. Quello che troppo spesso manca nei confronti delle donne. Quel titolo, diventato virale sui social, è chiaro sintomo di una grave superficialità non solo nei confronti delle tre atlete ma nella più complessiva lettura dei fenomeni sociali attuali. Fenomeni gravi che non si arrestano. Basta guardare alla prima pagina odierna del Fatto quotidiano o, come tu stesso rilevi nel tuo intervento, alle parole di Matteo Salvini o ancora a quelle di De Luca.
C'è in questo nostro mondo una grave irresponsabilità di chi dovrebbe essere guida, esempio o che comunque ricopre un ruolo di influencer. E tra questi i media, la stampa, la pubblicità hanno una enorme responsabilità. Qualche giorno fa, all'indomani della feroce aggressione a Vania Vannucchi, data letteralmente alle fiamme come nei video orribili dell'Isis, circolava in rete una pubblicità di scarpe che ritraeva il corpo come abbandonato – morta? priva di sensi? – di una ragazza con i pantaloni abbassati, lo slip bene in vista. Una scena di stupro insomma.
La violenza sulle donne, caro Severgnini, si cambia solo cambiando modelli e schemi culturali e – siamo onesti – accettare come frutto di abitudini consolidate o perché lo fan tutti parole e immagini offensive e umilianti per le donne è sbagliato. Penso che tutti noi operatori della comunicazione dovremmo darci un codice etico che oggi evidentemente manca. E dovrebbe darselo la politica e i politici perché appare francamente abissale la distanza tra il numero dei tweet dedicati dal nostro presidente del Consiglio in queste ore alle Olimpiadi e ai nostri atleti, e quelli dedicati alle donne vittime di violenza, fisica e verbale.
Anche senza entrare nella vicenda del Quotidiano Sportivo, è però evidente che per cambiare questo clima consolidato serva un segnale forte che dia il senso della necessità, non più rimandabile, di una svolta. Eccessive, d'altronde, sono state a lungo considerate le “quote”, oggi universalmente riconosciute indispensabili a scardinare sistemi bloccati che inibivano nei fatti chance di accesso paritarie a uomini e donne nei lavori e nelle carriere. Le quote erano e sono ovviamente una forzatura, ma una forzatura indispensabile a cambiare.
Oggi, l'escalation di violenza fisica e verbale nei confronti delle donne ci pone di fronte a una situazione altrettanto critica che necessita una reazione altrettanto potente per cambiare, per scardinare una modalità ormai usuale di rappresentare e di riferirsi alle donne, sulle pagine dei giornali, sulle riviste di moda, nella pubblicità, in tv e in politica.
Il “la” per una svolta culturale, non una “ossessione estetica”.