“Non c'è abbastanza lavoro per tutti. Il punto è stabilire se pochi debbano lavorare molto o, come io auspicherei, molti debbano lavorare meno. Il resto è retorica”. Intervistato da L’Unità (ma oggi c’è anche una sua intervista su Il Mattino) Pierre Carniti rispolvera un suo vecchio “cavallo di battaglia”. la soluzione “lavorare meno, lavorare tutti”. “Non ne esiste un'altra – spiega –, in una fase in cui, com'è evidente, il nostro sistema produttivo non è in grado di assicurare lavoro per tutti. È l'unica possibilità ed è indispensabile, sempre si voglia discutere seriamente di lavoro. Una riforma ineludibile, verso cui dovrebbero spingere politica, sindacati, mondo imprenditoriale, associazioni e organizzazioni di cittadini. Tutti, insomma. Non c'è solo la Francia con le 35 ore, c'è anche l'esempio della Germania: l'accordo generalizzato per le 32 ore fatto nel 2008 è stato uno degli elementi che l'ha aiutata ad uscire prima dalla crisi. E l'Olanda, una decina d'anni fa, accanto ad una tendenziale riduzione dell' orario, ha incentivato la diffusione del part-time, che è un altro modo per ottenere una più efficace ripartizione del lavoro”.

Che altro fare, gli chiedono? “Bisogna porre rimedio alla depressione della domanda interna. Due sono i modi: o si diminuiscono le tasse sul lavoro, tra le più alte d'Europa, o si aumentano i salari, tra i più bassi d'Europa. lo preferisco la prima ipotesi, ma il governo non fa nulla né per l'una né per l'altra”. “Certo, è l'impostazione che deve cambiare: abbiamo una crescita tra le più basse d'Europa, ma siamo anche gli unici che si propongono il pareggio di bilancio ne120l3. Rigore e crescita non stanno insieme, fanno un ossimoro”. E la riforma del lavoro, non serve a nulla? “Quella, come anche la riforma delle pensioni, è stata fatta per accontentare l'establishment economico e politico interno e internazionale. E non sposta di una virgola l'attuale problema occupazionale. Anzi, l'allungamento dell'età pensionabile lo aggrava”.