“Fin quando il plusvalore del lavoro in agricoltura sarà quasi ad esclusivo appannaggio della grande distribuzione organizzata, fin quando il potere contrattuale sarà così sbilanciato sul versante della commercializzazione del prodotto lavorato, nelle campagne del nostro paese assisteremo inesorabilmente a sfruttamento, sottosalario, lavoro nero”. E’ l’allarme che lancia il segretario generale della Flai Cgil di Foggia, Daniele Calamita, alla luce di quanto sta avvenendo in queste ore nel settore della trasformazione del pomodoro, l’ “oro rosso” di Capitanata.

“Quello che sta avvenendo nel bel mezzo della campagna di raccolta ha del preoccupante per i riflessi sul mondo del lavoro in agricoltura, soprattutto sulla parte più debole che sono i lavoratori migranti – denuncia Calamita -. Nello specifico ci giungono voci, confermate dagli addetti del settore, che le industrie di trasformazione - strette dal taglio al prezzo di acquisto del prodotto inscatolato dalla media e grande distribuzione organizzata - stanno attuando un taglio del 30% del prezzo della materia prima. Nel 2014 il prezzo del pomodoro tondo era di circa 10 centesimi per chilogrammo, oggi ritirano a 7 centesimi. La GDO taglia le industrie di trasformazione, che a loro volta tagliano del 30% i produttori: noi sappiamo chi pagherà il peso di questi tagli, cosa produrrà: l'inasprirsi dei fenomeni di sfruttamento e schiavismo che vedono come vittime i lavoratori agricoli”.

Sarebbe ora, l’input che arriva dalla Flai Cgil, “che la politica spingesse a livello comunitario affinché la tracciabilità non riguardi solo le produzioni ma anche il prezzo, a tutela dei consumatori che pagano profumatamente un prodotto che forma il suo prezzo finale attraverso una lunga serie di speculazioni”