“Il lavoro non è una merce”. È il messaggio che parte dai sindacati europei indirizzato al summit dei capi di Stato e di governo che si terrà mercoledì prossimo a Milano. “L'illusione che la finanza e le esportazioni fossero sufficienti a un nuovo sviluppo è stata un fallimento sotto gli occhi di tutti, mentre in Europa si continua a discutere dei compiti a casa, indebolendo, se non cancellando le politiche espansive”. Così il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, nell'aprire il vertice dei sindacati Ue in corso a Roma nella sede confederale.

Da qui parte la proposta per un nuovo corso: “Non bisogna rinunciare - sottolinea Camusso - a cambiare davvero verso alla politica europea”. Il piano della Ces prevede 10 anni di investimenti per creare lavoro: “Innovazione è per noi economia della conoscenza, industria verde, alta tecnologia, tutti investimenti che generano buon lavoro e non precarietà”. Come finanziare questa spesa, pari al 2 per cento del prodotto interno europeo? “Anzitutto con la tassazione europea sulle rendite finanziare e con un fisco che universalizzi la patrimoniale e le rendite improduttive”. E poi con “lo scorporo degli investimenti” dalle manovre nazionali unito alla lotta “all'evasione e ai paradisi fiscali”.

Quanto all'Italia, Camusso ricorda il mancato confronto tra il premier Renzi, presidente del semestre europeo, e i sindacati continentali. “In questi giorni - aggiunge - c'è forse un cambio di orientamento, speriamo che sia un vero e serio ripensamento, perché l'idea del Jobs Act è di riduzione globale dei diritti e dei salari. Noi pensiamo al 'buon lavoro' e all'occupazione di qualità, alla cancellazione della precarietà, agli investimenti sul lavoro. Preoccupa, invece, l'idea del governo di restringere il ruolo dei sindacati e dell'autonomia delle parti nella contrattazione. Siamo pronti al confronto - precisa - ma altrettanto al conflitto. Al solito ritornello 'ce lo chiede l'Europa', vogliamo controbbattere con 'Lo facciamo in e con l'Europa', cioè con un vero piano del lavoro”.

In Europa, aggiunge il segretario della Ces, Bernadette Ségole, “ci sono oltre 25 milioni di disoccupati, è come se fosse il 29simo stato europeo. Aumentano i rischi di povertà, le situazioni personali drammatiche e non solo in Grecia e Spagna, ma anche in paesi come il Regno Unito dove i salari sono sempre più bassi”.