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Il Piano della Cgil propone "una rottura culturale: vogliamo dire con chiarezza che l'occupazione è un fattore di crescita per il Paese". Lo ha detto il segretario generale della confederazione, Susanna Camusso, concludendo la presentazione del “Piano straordinario per l'occupazione giovanile e femminile”, che si è svolto nella sede del sindacato a corso d'Italia.
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Nella proposta, ha spiegato Camusso, "non parliamo del breve periodo, ma vogliamo riflettere su tutti gli anni della crisi. Siamo convinti che il nostro Paese abbia nodi strutturali, che non iniziano con la crisi scoppiata nel 2008. Il ‘Piano del lavoro straordinario’ non è congiunturale, dunque, ma vuole legare la crisi di oggi alla situazione italiana di lungo periodo". Nei nostri anni alcuni temi sono tornati nel dibattito economico: "Si torna a parlare del ruolo pubblico in economia, ancora poco in Italia, ma il mondo intorno a noi ne discute. Anche il tema delle diseguaglianze è di nuovo centrale: affrontarle non è un esercizio di buonismo sociale, ma pone il grande tema di quale modello di sviluppo vogliamo perseguire".
A proposito di sviluppo, per Camusso "per ottenerlo non basta distribuire le risorse alle imprese, che da sole costruiscono un loro modello". Sul tema delle risorse "i fondi previsti nel nostro Piano già ci sono, ma finora sono stati impegnati su versanti completamente differenti che non hanno portato risultati". Il segretario della Cgil ha poi indicato la necessità di un cambio di paradigma. "Ci sentiamo dire quotidianamente dal governo che l'occupazione non è elemento della manovra economica. Non siamo d'accordo: aumentare l'occupazione, soprattutto per giovani e donne, è un fattore fondamentale di crescita e va detto con chiarezza".
Camusso si è soffermata sui singoli problemi affrontati nel Piano, come il divario Nord-Sud, su cui bisogna intervenire con urgenza. Il tema della pubblica amministrazione, ha detto, "non si può affrontare in modo orizzontale. C'è un problema di funzionamento 'burocratico' che riguarda le procedure, l'invecchiamento, il turn-over e l'assenza di digitalizzazione. Per esempio, esiste un divario tra la possibilità del Pin digitale e la complessa procedura per ottenerlo. C'è poi il nodo del lavoro e della sua qualità: basti pensare che nel giorno dell'apertura delle scuole mancano 8mila insegnanti nelle aule".
L'altra parte del pubblico è rappresentata dalla sanità e dai servizi alle persone. "Anche qui c'è una questione di sotto-organico, e allora si pone il solito grande tema: il welfare va considerato solo un costo o una risorsa?", si è chiesta Camusso. "Non si ricorda mai che il welfare è una straordinaria infrastruttura. La sua universalità è un punto importante per il processo di rigenerazione del Paese".
"Il costo del lavoro non è l'unica leva per agire sulla produttività – ha proseguito la leader della Cgil –. Se fai una misura unicamente sul tasso di assenteismo, senza investire nulla su impiego e servizio, anche aumentare il livello produttivo diventa impossibile". La politica continua a guardare altrove: "C'è un divario crescente tra il dibattito pubblico e la condizione concreta delle persone: la disoccupazione determina un disagio per qualunque famiglia, va a intaccare le prospettive future".
La Cgil ha chiesto più volte la patrimoniale. "Bisogna andare verso la progressività fiscale: prima i governi di centrodestra, poi la logica dei bonus vanno nel senso contrario rispetto all'equità della tassazione. Il problema non è abbassare le tasse, ma costruire un sistema progressivo, ripristinando un principio di giustizia: chi ha grandi patrimoni non può pagare le tasse come un operaio in catena di montaggio", ha concluso Camusso.