“La crisi dell’Europa è la crisi del pensiero economico. Si è accettato che il tema principale fosse la crisi del welfare e non la crescita delle diseguaglianze. Stiamo in presenza, in realtà, di una crisi profonda del capitale, incapace di modernizzarsi, come è evidente con il modello dell’austerity”. Ha iniziato così la sua relazione conclusiva Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, chiudendo il dibattito alla Conferenza di organizzazione in corso all’Auditorium di Roma. “La diseguaglianza – ha aggiunto – si risolve negando, anzitutto, che la soluzione sia il liberismo e non la giustizia sociale. E in questo sta anche la crisi della sinistra italiana ed europea, che sembra non averlo ancora capito”.

“L’Europa sta attraversando la crisi più profonda della sua storia” ha poi continuato. “Una crisi che investe il processo di unificazione degli Stati centrali, con movimenti e partiti che producono e alimentano disorientamento e paura” ha spiegato Camusso: “Si fa fatica a misurarsi con le fughe di massa da paesi in guerra, ma si dimentica che il fronte occidentale è stata una delle cause di quelle guerre. Si dimenticano le due guerre in Irak, i bombardamenti in Libia, e le scelte delle varie coalizioni che hanno pensato che, portando le guerre in quei paesi, si sarebbero risolte le cose”. E la risposta sbagliata, che stanno dando alcuni paesi europei, ha avvertito Camusso, non sta “nel rompere i legami che ci sono, nel chiudersi all’interno del proprio paese, sperando così di salvaguardarsi”.

Scelte di “geopolitica”, avverte il segretario generale Cgil, che s’intrecciano con le decisioni politiche ed economiche assunte in Europa. “Si è diviso e frantumato il lavoro, si sono contrapposti gli uni agli altri, si è imposta la logica dell’austerity. I lavoratori nella nostra Europa sembrano non farcela più, ma non dei migranti, ma della sensazione che i problemi si moltiplichino e non si risolvano”. Il tema, dunque, è quello “della ricomposizione, che è anche tema sociale”. Basta pensare “al Trattato transatlantico sul commercio e sugli investimenti – ha aggiunto: “Dentro il Trattato c’è l’idea che la finanza e le multinazionali non hanno più territorialità, e in questo c’è la fine delle politiche europee”.