Calano gli infortuni in edilizia: nel 2013 sono stati 45 mila, ben il 18,6 per cento in meno dell’anno precedente. Un decremento più accentuato nel Mezzogiorno e tra i lavoratori stranieri. A fotografare la sicurezza sul lavoro nelle costruzioni è un report (scarica il pdf) dell’Inail, precisando però che il settore attraversa una crisi senza fine, segnata dal calo dei livelli produttivi (-13,5 per cento nel 2013), degli investimenti (soprattutto riguardo la nuova edilizia abitativa) e degli occupati, ormai scesi al di sotto di 1,6 milioni, con una flessione superiore al 5 per cento.

Ed è appunto la crisi dell’edilizia, spiega la Fillea Cgil, la chiave per leggere i dati forniti dall’Inail
. “È vero che dal 2009 al 2013 gli infortuni denunciati si sono quasi dimezzati, ma dal 2008 al 2013 le ore lavorate sono calate del 43 per cento e gli addetti del 39, mentre se guardiamo il 2014 il calo arriva rispettivamente al 49 e al 45 per cento” commenta il segretario Walter Schiavella. “Basterebbero queste cifre – aggiunge – per dire che il calo degli infortuni viaggia quasi parallelamente al calo degli addetti: quindi non c’è da essere soddisfatti, né tantomeno sono opportuni tagli al sistema ispettivo”.

Maschio, italiano, residente al Nord, d’età compresa tra 35 e 49 anni,
infortunatosi in seguito a caduta o alla perdita del controllo di un macchinario o di un utensile: è questo l’identikit del lavoratore indennizzato dall’Inail. Un lavoratore che rischia più di tutti gli altri: le menomazioni permanenti rappresentano il 12 per cento degli indennizzi per infortuni, contro l’8 per cento dei settori industria e servizi. Ancora più critici sono i dati dei decessi: sono lo 0,30 degli indennizzi, praticamente il doppio di quelli di industria e servizi (che si fermano allo 0,17).

A confermare la drammaticità di questi numeri è la Fillea Cgil, che da anni realizza un proprio studio del fenomeno infortunistico incrociando i dati Inail con quelli delle Casse edili. “Dal 2008 al 2013 – illustra il segretario generale Walter Schiavella – abbiamo avuto una crescita di incidenti mortali superiore al 10 per cento per frequenza oraria e al 6 per numero di addetti. E se per l’Inail il profilo ricorrente dell’infortunato è un lavoratore tra 35 e 49 anni, per i morti le cose cambiano molto, perché qui l’età si alza notevolmente”. Un altro dato negativo, aggiunge Schiavella, è quello “delle malattie professionali denunciate, arrivate a 2.500 nel 2013, con un incremento, in rapporto al numero di addetti, del 50 per cento”.

Altro elemento interessante contenuto nel report dell’Inail è quello sulla sede delle lesioni. Un quarto degli infortuni interessa la mano, particolarmente sollecitata e vulnerabile nelle lavorazioni edili, seguita dalla colonna vertebrale (13 per cento), stressata dai carichi sostenuti dai lavoratori. Riguardo i decessi, invece, nel 60 per cento dei casi è la testa a essere coinvolta. L’Inail segnala anche che il settore è stato interessato, negli ultimi anni, da un notevole incremento delle malattie da sovraccarico biomeccanico, quali discopatie e affezioni di sinoviali, tendini, borse, muscoli, legamenti, aponeurosi e tessuti molli. Un incremento dovuto alle specifiche caratteristiche del lavoro in edilizia: movimenti ripetuti degli arti superiori, fasi di movimentazione manuale e spinta di carichi, posture inadeguate, condizioni climatiche sfavorevoli e uso di strumenti vibranti.

Tornando al tema più generale del calo degli infortuni, il segretario generale Fillea Cgil si domanda
“se questo dato della riduzione tanto decantato dall’Inail non nasconda altro. Per chi, come noi, vive a contatto quotidiano con i lavoratori, quel dato ha una sola e unica lettura: cresce la tendenza a non denunciare gli infortuni sul lavoro di bassa e media entità. Il lavoratore viene invitato a prendere giorni di ferie o mettersi in malattia, magari in cambio di un compenso fuori busta. In tal modo l’impresa evita possibili controlli o segnalazioni, e soprattutto non si alza il premio assicurativo”. Un fenomeno, conclude Schiavella, che occorre stroncare con un “drastico intervento sul settore, irrobustendo il sistema delle regole e dei controlli, destinando maggiori risorse e organici all’attività ispettiva, rafforzando il Durc e non depotenziandolo, come ha fatto il governo con il decreto Poletti, infine superando il sistema degli appalti al ribasso”.