Reduce da un decisivo appuntamento elettorale che ha visto vincere dopo dodici anni di governo ininterrotto ancora una volta la sinistra e la sua candidata Dilma Roussef, riconfermata Presidente della Repubblica, la patria di Jorge Amado e di Gilberto Gil fa un bilancio di questa sua battaglia portata avanti non senza contraddizioni, ma certamente con grande coraggio e determinazione. Tante le campagne lanciate dal governo. Da “Brasil Carinhoso” a “Brasil sem miseria”, da “Minha Casa” a “Minha Vida”, da “Luz para todos” a “Mais Medicos” fino alla prima e più famosa “Bolsa Familia” lanciata da Lula, che prevedeva sussidi ai capofamiglia senza reddito o con reddito basso, garantendo l’assistenza sanitaria ai figli e obbligandoli a frequentare la scuola.

Alla fine dei due mandati presidenziali di Lula, nel 2010, Bolsa Familia aveva raggiunto 50 milioni di persone e 13 milioni di famiglie, con una diminuzione della disuguaglianza sociale di 5,08 punti, il doppio di quanto successo nello stesso periodo in Russia e in Cina. Con questo piano 28 milioni di brasiliani sono usciti dalla povertà e 36 sono andati a ingrossare quella classe media che ora rappresenta poco oltre la metà della popolazione. La politica finalizzata a combattere la povertà è stata fin da principio accompagnata da un tentativo, in parte riuscito, di pacificare le favelas con le Upp, le Unità di polizia pacificatrice che operano per rendere più vivibili le zone periferiche delle megalopoli brasiliane. A questo fine sono state promosse anche altre iniziative, come lo stanziamento di decine di milioni di dollari per la costruzione di nuove unità abitative finalizzate a ospitare persone residenti in zone a rischio, e la costruzione delle Upa, piccoli centri di pronto soccorso, per chi vive lontano dal centro della città e dai grandi ospedali.

Va ricordato che “Bolsa Familia” sostituì nel 2003 il programma iniziale che si chiamava “Fome Zero”, in virtù del fatto che l’alta produttività agricola aveva fatto perdere quel carattere endemico che aveva invece il problema della sottoalimentazione. L’ultimo atto di questa politica è stato l’avvio, nel 2011, del programma “Brasil sem miseria”, la prima importante decisione presa dalla Presidente Roussef appena insediatasi alla testa della nazione carioca, che ha incluso anche “Bolsa Familia”. L’obiettivo è far uscire altri 16 milioni di persone dalla povertà (circa l’8 per cento della popolazione totale), che per diverse ragioni non erano state raggiunte dal precedente programma. Coloro che si trovano in uno stato di povertà e che si impegnano a preservare foreste e riserve riceveranno i sussidi di “Bolsa Verde”, progetto ambientalista che cerca di limitare la devastazione delle foreste per creare campi destinati all’agricoltura.

L’accesso ai servizi pubblici da un lato, e dunque educazione, sanità, acqua potabile, elettricità, e al mercato del lavoro dall’altro sono gli obiettivi del governo, che ha ora altri quattro anni per realizzarli. Per coordinare le azioni del nuovo progetto è stata prevista l’istituzione della Segreteria straordinaria per il superamento della povertà estrema, con una collaborazione tra il Distretto federale, gli Stati e i municipi che dovrà garantire reddito, inclusione produttiva e accessibilità ai servizi. La sfida per Dilma Roussef è ora mantenere questo livello di impegno in un contesto politico più difficile, vista la vittoria di misura contro la destra e il rallentamento della crescita economica, e con una popolazione che si aspetta, e lo aveva dimostrato con le proteste durante i mondiali di calcio, che questa lotta contro fame, povertà e privilegi non si fermi.

In ogni caso, i risultati finora ottenuti non sono trascurabili se si pensa che l’insieme delle politiche di inclusione sociale ha abbassato la mortalità infantile, ridotta del 58 per cento, e aumentato l’aspettativa di vita da 70 a 74 anni. Si è inoltre ridotta la forbice tra ricchi e poveri. Tra il 2002 e il 2012 il reddito del 20 per cento più povero è aumentato del 6,4 per cento mentre quello del 20 per cento più ricco solo del 2,5. Per realizzare tutto questo il 40 per cento del Pil è stato destinato alla spesa pubblica.