A Catania e provincia i beni confiscati a dicembre 2015 erano 935. Al primo posto tra i comuni etnei c’è Motta S. Anastasia con 244 beni confiscati e tra questi ci sono 6 aziende. Subito dopo c’è la città di Catania, con 130 beni confiscati, di cui 45 sono le aziende. I dati sono elaborati da quelli messi a disposizione dall'Agenzia nazionale dei beni confiscati, dalle relazioni Dia e Dda. E da soli dicono più di mille convegni. Ma non ci sono solo i numeri da tenere in considerazione: i sequestri e le confische di quest'anno dimostrano che le forze dell'ordine e la magistratura sono in grado di individuare i capitali frutto di azioni illecite. Le indagini hanno svelato la proiezione della mafia nel mondo degli affari e della politica e la sua incessante attività diretta al controllo dei flussi di denaro pubblico e privato. Il settore maggiormente appetibile è quello delle costruzioni e del movimento terra.

Eppure, una legalità vera a Catania è ancora possibile. Non a caso l’iniziativa promossa dalla Camera del lavoro ieri sera (5 luglio) e tenutasi al Lido dei Ciclopi, bene confiscato anch'esso, si intitola proprio: “La legalità necessaria. Sviluppo, economia, occupazione a Catania”. Il segretario generale della Camera del lavoro Giacomo Rota ha sottolineato la “necessità di restituire i beni all'economia sana impedendo che la mafia si infiltri come un cancro. La Cgil – ha detto – non vuole fare antimafia parolaia”. Pina Palella, responsabile per la legalità della Camera del lavoro, ha presentato una relazione ricca di dati e analisi illustrando i casi più eclatanti, da quello della società Lara – che oggi si trova di nuovo in imbarazzante difficoltà perché la gestione è stata affidata al figlio dell' ex proprietario con le conseguenti difficoltà di confronto con lo Stato –, al difficile caso Tecnis. Maria Luisa Barrera dell'associazione Antimafia e Legalità è intervenuta sul tema racket e usura e sulla necessità di fare rete anche con il sindacato. L'amministratore giudiziario Andrea Dara ha lanciato una provocazione, evidenziando la necessità di interrogarsi sulle dinamiche del post-sequestro e sottolineando che “non c'è una risposta sociale efficace alle criticità che seguono al trauma virtuoso del sequestro”.

Sono intervenuti anche la segretaria confederale della Cgil Sicilia, Mimma Argurio (“abbiamo bisogno dell'aiuto di forze dell'ordine e magistratura per impostare un percorso che dia dignità ai lavoratori. Dovremmo anche poterci confrontare con gli amministratori giudiziari con sinergia, impresa sino ad oggi difficile”), e il segretario generale della Cgil siciliana, Michele Pagliaro (“spesso ci mancano le relazioni necessarie, nessuno ci viene a dire se ci sono lavoratori collusi che non andrebbero difesi. E dall'altro lato non possiamo permetterci di far passare l'idea che un'azienda lavora meglio sotto la mafia che non sotto lo Stato”). Ha concluso i lavori la segretaria della Cgil nazionale, Gianna Fracassi: “Come sindacato – ha sottolineato – non facciamo solo i convegni su questi temi, ma facciamo il punto sulle cose che facciamo sempre. Sappiamo bene che è più complicato recuperare la fiducia dei lavoratori in quell'ambito. Una fatica che la nostra organizzazione sostiene”. Sono intervenuti, fra gli altri, anche la vicesindaco di Acicastello e l'imprenditore Salvatore Fiore, per 20 anni vittima di usura ed estorsione, poi "liberatosi" grazie alla denuncia.

Le proposte e le richieste del sindacato sono riassunte in 13 punti essenziali. Ecco il primo: “Non si può più aspettare l'approvazione del Ddl sul riordino dei beni sequestrati e confiscati e la revisione del codice antimafia – ha spiegato Pina Palella –. Il testo approvato a novembre 2015 alla Camera giace al Senato (nel corso della serata è intervenuto anche il parlamentare Davide Mattiello, relatore della legge), ma occorre fare presto perché il numero dei beni sequestrati e confiscati è in continuo aumento ed è necessario poter utilizzare le risorse per sostenere le aziende che hanno possibilità di stare sul mercato e i lavoratori nelle situazioni di difficoltà per mancanza di liquidità con un fondo di rotazione. Chiediamo che al Senato il disegno di legge che contiene norme in materia di beni confiscati alle mafie, tutela dei lavoratori, nomine e incompatibilità degli amministratori giudiziari venga approvato al più presto”.

C’è poi la richiesta di utilizzo delle poche risorse stanziate dal governo nella legge di stabilità per costituire un fondo di garanzia per le aziende in attesa dell'emanazione della legge. E ancora, l’utilizzo dei fondi Pon per sicurezza e legalità finanziati da Fse e Fesr, fare rete tra imprese sequestrate e confiscate, stipulare protocolli con enti e tribunali per l'affidamento prioritario di lavori, l’affidamento delle commesse a imprese egualmente sequestrate, la previsione di forme di premialità fiscale, appositi protocolli con Abi e mondo del credito, la creazione di un “marchio di Stato”, liste di mobilità speciali nelle quali far confluire i lavoratori di aziende confiscate poste in liquidazione, coadiuvare le aziende fin dal sequestro, coinvolgimento dei sindacati sin dalla fase di sequestro delle aziende, tempi veloci della giustizia, favorire i processi di acquisizione o di affitto da parte di cooperative di lavoratori delle aziende.