La crisi dei mercati finanziari e i riflessi negativi sulle banche italiane, il ddl sul credito del Governo e le ricadute sull’occupazione del settore, il caso dei risparmiatori truffati delle quattro Bcc fallite. Su questi temi è intervenuto questa mattina Agostino Megale, segretario generale della Fisac, su RadioArticolo1.

“Innanzitutto – ha esordito il dirigente sindacale –, le difficoltà delle Borse sono generali e interessano tutti i paesi, nessuno escluso, a conferma che la crisi non è ancora terminata. Per quanto riguarda Piazza Affari, il dato è altalenante, perché nelle ultime 48 ore siamo passati da meno 3,5 a più 4; è evidente che c’è bisogno di stabilità, in un contesto comunque assai grave, visto che in quaranta giorni le nostre banche hanno bruciato 40 miliardi. Siamo di fronte a turbolenze tali che la questione bancaria andrebbe messa all’ordine del giorno a Bruxelles, come possibile volano per l’economia dell’Unione europea”.

“Dal 2008 ad oggi, il sistema bancario italiano è meno solido e sicuro – ha continuato il leader del sindacato del credito Cgil –, al pari della nostra economia, che registra un calo del 25% della produzione industriale, la perdita di un milione e mezzo di posti di lavoro,  il fallimento di più di 2.000 imprese al giorno negli ultimi tre anni. Tutto questo ha fatto lievitare le sofferenze bancarie dai 24 miliardi del 2007 ai 70 del 2015. È evidente che il crollo dell’economia reale e la mancata ripresa peggiorano il quadro degli istituti di credito. Perciò, il ddl che il Governo si accinge a presentare in materia, è quantomeno utile e necessario”.

“Secondo notizie non ufficiali – ha proseguito il sindacalista –, nel progetto del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, oltre ai temi previsti su bad bank e banche del credito cooperativo, ci sarebbero anche quelli legati all’occupazione, in rapporto ai processi d’innovazione: negli ultimi anni dalle banche sono uscite 49.000 persone e altre 19.000 lo faranno entro il 2018, tutti processi gestiti attraverso accordi e buone relazioni industriali. Inserire ora norme tese a licenziare lavoratori non ci sembra auspicabile né fattibile, avendo il nostro sistema bancario tutti gli strumenti concordati e condivisi per gestire processi di ristrutturazione: è il caso dell’ultima intesa Unicredit, raggiunta una settimana fa, grazie alla quale 'usciranno' oltre 2.700 persone con modalità volontarie e con l'utilizzo del fondo di solidarietà e di sostegno all’occupazione: anche lì, si è configurato un piano che stabilisce per ogni 2-3 esuberi l’ingresso di un giovane, per un totale di 700 assunzioni. Dunque, lo ribadisco al Governo: no a interventi per decreto sull’occupazione”.

“Sarebbe necessario che il Governo convocasse un tavolo per gli interventi di riforma del credito da discutere assieme alle parti sociali – ha rilevato ancora Megale –, utili anche a frenare il panico di mercati e risparmiatori, valorizzando le operazioni sin qui fatte sull’occupazione nel settore, capace di governare le uscite volontarie senza penalizzare i lavoratori, grazie a un fondo attrezzato per uscire con cinque anni anticipati e con un assegno pari a quello pensionistico, prevedendo contemporaneamente piani per i giovani. Sulla questione del credito cooperativo, è importante avviare un processo di crescita, con accorpamenti, fusioni e crescita dimensionale del comparto, avendo come unici criteri la solidità patrimoniale e piani industriali veri. Il cuore dell’operazione deve essere la validità del progetto industriale e la tenuta occupazionale. Guardando anche al decreto salvabanche del Governo, oltre alla tutela dei risparmiatori, credo sia giusto inserire nelle clausole di cessione delle quattro Bcc interessate anche la clausola sociale, come garanzia occupazionale”.

“Lavoratori e risparmiatori non possono essere due corpi separati o contrapposti – ha concluso il numero uno della Fisac –. Dopo il decreto del 22 novembre scorso, si è ingenerata una sorta di confusione, e in molti hanno attribuito responsabilità, oltre ai manager che hanno portato le quattro banche al dissesto, anche ai dipendenti degli istituti in questione, colpevoli di aver venduto obbligazioni subordinate truffando i correntisti. Credo che, al 99,99%, quei lavoratori hanno fatto semplicemente il loro lavoro. Certo, ricevere, com’è accaduto in molti casi, dieci telefonate e mail al giorno dal proprio dirigente per sapere quante azioni si sono vendute, non ingenera buone pratiche per un’informazione corretta e coerente, e penso sia nell’interesse delle stesse banche porre fine a tali atteggiamenti. Altresì, è necessaria un’alleanza tra bancari e risparmiatori, per tutelare assieme lavoro e risparmio. Un'azione che andava fatta fin dal 2013, sulla falsariga di quanto decise, a suo tempo, l’Ue con apposite norme”.          

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