Sono 3.000 i lavoratori che rischiano il posto di lavoro nelle aziende autostradali, “costrette a chiudere se approvato il comma 'zz' contenuto nel disegno di legge delega sugli appalti pubblici in discussione in Parlamento”. L’allarme è stato lanciato oggi dalle organizzazioni sindacali FenealUil Filca Cisl e Fillea Cgil, che hanno proclamato lo stato di agitazione del comparto.

“Abbiamo già chiesto un incontro urgente al Ministro Delrio – spiegano le organizzazioni sindacali - perché il governo prenda una netta e chiara posizione a tutela dei lavoratori. L’approvazione del comma 'zz' comporterà inevitabilmente la perdita delle professionalità presenti nel comparto della manutenzione e progettazione delle autostrade e la chiusura di numerose aziende, molte delle quali leader nazionali, come Pavimental con 700 lavoratori, Spea con 650 lavoratori (una delle prime aziende di progettazione), Itinera con 750 lavoratori ed ABC 140 lavoratori, di cui di cui 73 già in cassa integrazione per chiusura di ramo d’azienda”.

Se il provvedimento fosse approvato nella sua versione attuale, queste società, per la maggior parte controllate dalle grandi concessionarie autostradali come Anas, perderebbero l'80% del loro fatturato. La nuova norma prevede, infatti, che venga messo a gara diretta il 100% dell'appalto, ma esclude le società controllate dalla partecipazione alla gara stessa.

Per i sindacati “si peggiora così la qualità dei lavori autostradali, insieme ai tempi di realizzazione delle opere (affidati direttamente 3 anni e mandati in gara 7 anni). Non è corretto - aggiungono - affermare che la direttiva europea sugli appalti vincola gli affidamenti diretti delle concessionarie per garantire la concorrenza, piuttosto è l’esatto contrario”. La precedente direttiva Ue conteneva infatti il vincolo di mandare a gara almeno il 30% dell’opera, limite che in quella attuale è stato tolto puntando a garantire la concorrenza con le gare obbligatorie per affidare le concessioni, "ma ricordiamo - scrivono - che l'affidamento diretto viene fatto con il criterio della media dei ribassi d'asta, decisa da Anas e controllata dal Mit”.

“Se il governo proseguirà su questa strada – conclude la nota – il settore delle costruzioni, che vede oggi 600mila imprese (in Germania ce ne sono 77mila) con meno di due dipendenti medi per azienda, subirà un’ulteriore destrutturazione con conseguenze gravi per l’occupazione e per la qualità del lavoro edile. Si vuole essere il paese più europeo in Europa ma senza tener conto dell’attenzione che gli altri paesi dedicano alla politica industriale e alla salvaguardia delle proprie imprese e del loro know-how”.