Siamo alla fine di una lunga storia. Anche quel sottile filo di speranza che legava circa 1400 lavoratrici e lavoratori alla ex Antonio Merloni, storica fabbrica di elettrodomestici si è definitivamente reciso. “Con la riconsegna dei libretti di lavoro che è iniziata lunedì 16 marzo siamo davvero al capolinea della storia – spiega Luciano Recchioni, ex lavoratore Merloni, oggi Jp, e segretario della Fiom Cgil di Perugia - e anche psicologicamente questo gesto è molto pesante, perché cancella anche le ultime sottili speranze che i lavoratori naturalmente continuavano a nutrire”.

Adesso non resta altro che il famoso accordo di programma. Proprio domani, mercoledì 18 marzo, al ministero dello Sviluppo Economico dovrebbe arrivare un’ulteriore proroga con rimodulazione di questo strumento (35 milioni di euro per il rilancio della fascia appenninica) che finora (dopo 5 anni dalla sua prima attivazione) non ha funzionato. Niente investimenti, niente nuove attività industriali. “Adesso però l’emergenza si moltiplica – insiste ancora Recchioni – perché da ottobre centinaia di lavoratori e, soprattutto, lavoratrici cominceranno ad esaurire la mobilità. La situazione è davvero drammatica”.

Per il segretario generale della Cgil Umbria, Mario Bravi, “la proroga di due anni dell'accordo di programma sulla ex Antonio Merloni è un fatto importante, ma non sufficiente. Occorre ora passare dalle parole ai fatti, perché l'area appenninica umbro-marchigiana ha subito dei durissimi colpi nel corso degli ultimi anni di crisi e necessita di un sostegno reale per risollevarsi”.

“La Cgil dell'Umbria insieme a quella delle Marche e alla Cgil nazionale – aggiunge Bravi - vigilerà perché si concretizzino finalmente gli sforzi per la reindustrializzazione dell'area, fatto che comporta un ruolo vero delle imprese e delle loro associazioni, e il recupero dell'occupazione di migliaia di persone, a partire da quelle impiegate nella Jp Industries la cui attività è ancora ferma”.

Eccolo l’altro nodo irrisolto. Il pezzo di Merloni che teoricamente sarebbe dovuto ripartire da subito con una nuova proprietà (l’imprenditore marchigiano Porcarelli) è in realtà ancora fermo, con i circa 700 dipendenti tra Umbria e Marche i cassa integrazione. E anche qui il tempo stringe, visto che il 2015 è l’ultimo anno utile per avviare davvero la produzione. "Dobbiamo capire se Porcarelli è intenzionato ad andare avanti o no - spiega ancora Luciano Recchioni, che della Jp è dipendente - siamo in attesa che la Cassazione si esprima sul contenzioso con le banche, ma nelle more è stato raggiungo un accordo tra governo e istituti di credito che permette a Porcarelli di ripartire. Solo che lui non dà segni di vita - conclude Recchioni - per questo abbiamo già chiesto un incontro urgente all'azienda per conoscere le sue intenzioni e il nuovo piano industriale, perché evidentemente dopo tre anni quello vecchio non esiste più".