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Mai come in questo periodo si susseguono interventi e proposte sul tema del rapporto tra istruzione e mondo del lavoro. La grave crisi economica, che ormai da anni coinvolge il nostro paese e di cui non si vede all’orizzonte la conclusione, ha ulteriormente accresciuto l’interesse per questo particolare settore di intervento. Persino il Jobs Act, recentemente approvato dal Parlamento, prevede che, nell’ambito di un testo organico semplificato delle discipline delle tipologie contrattuali e dei rapporti di lavoro, vi sia un capitolo dedicato al “rafforzamento degli strumenti per favorire l’alternanza tra scuola e lavoro”. La Flc Cgil ha da anni elaborato specifiche proposte sul tema che, se messe in atto, potrebbero contribuire a rilanciare l’alternanza quale formidabile strumento di crescita educativa dei nostri studenti
UN PROBLEMA TERMINOLOGICO
Ma andiamo con ordine: cosa si intende per alternanza scuola- lavoro? Innanzitutto si tratta di uno strumento didattico per la realizzazione dei percorsi di studio del secondo grado. Non rappresenta un contratto di lavoro e neanche un’azione di orientamento (cfr “Linee guida per l’orientamento permanente” recentemente adottate dal Miur). I relativi percorsi sono progettati, attuati, verificati e valutati sotto la responsabilità dell’istituzione scolastica o formativa, sulla base di apposite convenzioni con le imprese, con le camere di commercio, con gli enti pubblici e privati ecc. I periodi di apprendimento mediante esperienze di lavoro sono articolati secondo criteri di gradualità e progressività che rispettino lo sviluppo personale, culturale e professionale degli studenti in relazione alla loro età. In questo senso ha grande rilievo la funzione tutoriale svolta dal docente tutor scolastico e dal tutor formativo esterno. Per le caratteristiche strutturali e per la più stretta relazione personale dello studente con il contesto lavorativo, l’alternanza si differenzia dallo stage e dal tirocinio. Nella scuola secondaria di secondo grado lo stage consiste nel trascorrere un certo periodo di tempo all’interno di una realtà lavorativa allo scopo di verificare, integrare e rielaborare quanto appreso in aula e/o laboratorio. Il tirocinio è, invece, finalizzato all’acquisizione di nuove competenze e di un’esperienza pratica che favoriscono la crescita professionale e personale del tirocinante.
LE TROMBE DI TOTO'
Ministro e sottosegretari del Miur in queste settimane hanno fatto il pieno di dichiarazioni sull’alternanza scuola-lavoro e di annunci sugli investimenti in questo settore. Ma qual è realmente la situazione? Da un punto di vista delle risorse vi è stata una costante e inesorabile riduzione degli impegni, che è andata di pari passo con la pesante decurtazione delle spese di funzionamento delle singole scuole. In tre anni i finanziamenti si sono ridotti a meno della metà. Sempre nei giorni scorsi il Miur e l’Indire hanno presentano al Job&Orienta di Verona i dati relativi al monitoraggio quantitativo dei percorsi di alternanza scuola-lavoro nella secondaria di secondo grado, relativo all’anno scolastico 2013/14. Dalla lettura dei dati (forte riduzione della durata media annuale espressa in ore, pesante diminuzione del numero dei percorsi) ne vien fuori un quadro chiarissimo e al tempo stesso allarmante: il peso dell’alternanza si sta riducendo sensibilmente nell’ambito del curricolo della secondaria di secondo grado
COME RILANCIARE L'ALTERNANZA
Come è noto “La buona scuola”, nello specifico capitolo dedicato al tema del rapporto tra scuola e lavoro, prevede la coprogettazione degli interventi tra scuola e impresa (la parola alternanza è sostituita da “formazione congiunta”) e quattro tipologie di intervento: alternanza obbligatoria per istituti tecnici e professionali, impresa didattica, bottega scuola, apprendistato sperimentale. L’assoluta insufficienza delle risorse pubbliche potrà essere superata attraverso incentivi alle imprese e comunque ai privati (School Bonus, School Guarantee, Crowdfunding, Social Impact Bonds). La Flc Cgil ha espresso un giudizio nettamente negativo su tali proposte. Il documento confonde l’alternanza con l’apprendistato e, per certi versi, anche con la formazione continua dei lavoratori. È estranea alle finalità dell’alternanza quella di dare una risposta ai “fabbisogni professionali del territorio” o “richieste del mercato del lavoro”.
La responsabilità dei percorsi in alternanza deve rimanere in capo alla scuola. L’esperienza in contesti lavorativi assume rilievo nell’ambito dei percorsi di “istruzione” se connotato da una forte intenzionalità educativa correlata con il profilo e le competenze previste dai percorsi della secondaria superiore. È da respingere con forza qualsiasi tentativo di delegittimazione delle istituzioni scolastiche attraverso un’operazione tutta ideologica secondo cui, in un contesto di istruzione rivolto ad adolescenti, una qualsivoglia esperienza lavorativa assume rilievo per la costruzione del profilo in uscita dello studente della secondaria superiore. “Bersaglio” fondamentale dell’alternanza scuola lavoro dovrebbe essere quello di contribuire a superare le tendenze alla iperspecializzazione, da un lato, o il rischio di una formazione generica e astratta, dall’altro, che attraversano ancora la tradizione della scuola italiana. Occorre superare la dicotomia tra cultura umanistica e cultura scientifica, tra licei e istruzione tecnico-professionale, accentuata in maniera parossistica dal recente riordino della secondaria di secondo grado. Correttamente intesa l’alternanza può contribuire in maniera significativa a ridurre la divaricazione dei percorsi formativi di tali filiere. Questo implica che tale offerta deve essere presente in tutta la secondaria di secondo grado (tecnici, professionali e licei).
Occorre individuare un quadro nazionale unitario delle caratteristiche delle imprese/laboratori in grado di supportare i percorsi in alternanza. In particolare le imprese accreditate per i percorsi di alternanza devono essere individuate sulla base di criteri riguardanti la propensione alla ricerca e all’innovazione, il rispetto dei diritti contrattuali e adeguate risorse professionali. A tal proposito appare totalmente irricevibile, oltre che disarmante, la proposta del governo che prevede che a fronte di contributi finanziari da parte delle imprese alle scuole, queste ultime automaticamente riceverebbero in cambio, oltre a incentivi e agevolazioni, anche la certificazione di struttura accreditata per l’alternanza Occorre prevedere forti investimenti nella formazione dei docenti delle discipline tecnico-scientifiche che garantiscano un insegnamento consapevole che tenga conto dei risultati della ricerca e degli sviluppi delle prassi nei contesti lavorativi. È necessaria la creazione/individuazione/ rafforzamento di specifici profili professionali all’interno di ciascun contratto collettivo nazionale di lavoro relativi alla trasmissione di competenze/abilità/conoscenze utili nei percorsi in alternanza.
LE RISORSE
Da anni la Flc denuncia non solo la progressiva erosione delle risorse destinate all’alternanza e provenienti fondamentalmente dalla ex legge 440/97, ma anche come la loro quantificazione arrivi solitamente in tempi disallineati rispetto alla progettazione delle attività formative, mentre non vi sono certezze sul loro effettivo accredito. Se l’alternanza è una priorità e non una finzione da vendere alla Commissione europea per dimostrare la pervasività di tali percorsi nel sistema educativo italiano, è necessario semplicemente che il governo stanzi i fondi necessari.
*Flc Cgil Nazionale