Massiccia l’adesione allo sciopero per Almaviva indetto il 17 febbraio dai sindacati Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil e Ugl. Al corteo, che si è snodato a Palermo da piazza Francesco Crispi alla Prefettura, hanno partecipato più di 2 mila lavoratori. 

I sindacati, attraverso l’intermediazione della Prefettura, hanno spinto le istituzioni a far ripartire il tavolo nazionale “fondamentale per trovare soluzioni condivise e che garantiscano l’attuale perimetro occupazionale”. “Il tasso di partecipazione alla mobilitazione è stato altissimo, del 90 per cento - dichiara il segretario Slc Cgil Palermo Maurizio Rosso -. E’ il segno tangibile di quanto sia forte l’esasperazione dei lavoratori”. 

E la temperatura non potrà che salire. Tra Palermo e Catania il call center conta oltre 6 mila lavoratori (di cui il 75 per cento nel capoluogo siciliano), e per 1.500 l’azienda ha già annunciato gli esuberi. Una crisi dovuta alla perdita di importanti commesse, assegnate ad altri mediante gare al massimo ribasso. I contratti di solidarietà scadono a fine maggio, e il 15 marzo potrebbe partire l’apertura del procedimento di mobilità. Ma nell'isola gli addetti ai call center sono molti di più: i sindacati parlano di 20.000 lavoratori. “Non c’è più tempo per tergiversare – continua Rosso -, vogliamo solo certezze. Abbiamo chiesto una data per il tavolo nazionale. Il capo di gabinetto, che abbiamo incontrato, ha promesso un intervento. Siamo stati convocati per venerdì: dopodomani dovrebbero comunicarci la data del tavolo nazionale di crisi”. 

Ancora una volta, però, i sindacati rimarcano l’assenza dell’azienda. “Siamo riusciti a mettere tutti attorno a un tavolo, finalmente la Regione è presente ma l’ad di Almaviva continua a snobbare gli incontri – aggiunge Rosso – Almaviva deve dire se intende continuare a investire in Sicilia. Aborriamo i committenti che concedono appalti al di sotto degli standard di civiltà”.

I sindacati hanno esposto oggi i problemi sul tappeto da portare al tavolo nazionale: dalla trasparenza nelle gare d'appalto, al dumping sociale, ovvero la pratica delle imprese di esportare all’estero servizi a un prezzo più basso, dal divieto per i committenti di assegnare commesse al di sotto degli standard previsti dal Ccnl, al rispetto delle regole sulle delocalizzazioni e ruolo degli ammortizzatori sociali.